Parasha – Lech L'cha, Genesi 12:1−17:27  (SABATO, 5 NOVEMBRE, 2022)

Riassunto:

 -         Abram, Sarai, e Lot arrivano a Canaan.

-         La carestia conduce loro in Egitto, dove Abram presenta Sarai come sua sorella per salvarsi la vita.

-         Abram e Lot vengono separati. Lot viene catturato, e Abram lo salva.

-         Abram ha un figlio, Ismaele, con la sua serva egiziana, Hagar.

-         Dio forma un patto con Abram. Il simbolo di questo patto è la circoncisione fatta all’ottavo giorno di vita di un figlio maschio.

 

Lezione  di :  Rabbi Dr. Edwin C. Goldberg

 

"Chi va là?"è la prima cosa che leggiamo nell’Amleto di  Shakespeare. Racchiude l’intero significato di questa opera teatrale. "Dove sei?" è la prima domanda posta da Dio nella Torah (Genesi 3:9). Da un punto di vista metafisico, racchiude il significato di tutta la Bibbia. Prestare attenzione alle domande è un modo intelligente di arrivare al cuore di qualsiasi argomento. Come ci ricorda il fisico Isaac Rabi, quando tornava a casa da sua madre da scuola, lei gli chiedeva sempre “Hai fatto ottime domande?”

Nel suo libro, Leadership Without Easy Answers, Ron Heifetz definisce la leadership come l’abilità di fare le domande giuste. La porzione di Torah di questa settimana , Lech L'cha, ci offre la possibilità di riflettere sulla potenziale leadership di Abramo e perché Dio lo sceglie per l’impresa che porterà all’ebraismo ed al popolo ebraico.

Credo di sapere perchè Dio abbia scelto Abramo : perché fece la domanda giusta.E quale fu quella domanda? Ve lo dirò, ma prima una digressione.

Quando stavo completando i miei studi rabbinici e insieme ai miei compagni stavo cercando un impiego come assistente rabbino, un saggio rabbino ci impressionò quando ci fece una domanda unica ed interessante : Quale era il nostro midrash preferito? (Midrash è l’impresa rabbinica del cercare un messaggio nascosto nella Torah,estraendo da esso un po’ di saggezza.) Sapevo che avrei scritto una dissertazione su queste cose e perciò cercai l’opinione di uno dei più brillanti studenti rabbinici che conoscessi. La sua risposta divenne la mia (non durante l’intervista ovviamente) perchè era una risposta perfetta.

Quale era il suo midrash preferito? Viene da un’antica collezione di sermoni sul libro di Genesi (B'reishit Rabbah 39:1). Il midrash vuole affrontare la domanda di perché Dio scelse Abramo. Tipicamente ai tempi, l’autore del midrash, un certo Rabbi Isaac, utilizza una parabola Un uomo sta visitando diverse città e durante il suo viaggio si imbatte in un edificio in fiamme. Chiede se c’è un gestore dell'edificio (e se si, perchè l’edificio è in fiamme) ?  Il proprietario dell’edificio urla da uno dei piani alti dell’edificio, “Io sono il proprietario.” Rabbi Isaac continua: Abramo era come questo viaggiatore :  vide il mondo in fiamme (con ingiustizia) e chiese se a Dio ciò non importasse. Dio poi disse ad Abramo “Io sono il proprietario del mondo.”Presumibilmente Dio sta chiedendo aiuto ad Abramo per rettificare le ingiustizie dell’umanità.

Un punto importante in questo midrash è la parola usata per “edificio”. Questa parola è birah. Cos’è un birah? Ci sono coloro che lo tradurrebbero come “palazzo” e renderebbero il concetto di “fiamme” come semplicemente avvolto dalla luce.In altre parole, Abramo è un filosofo, vede il piano illuminato per il mondo e intuisce l’esistenza di un creatore benevolo.

Io non sono d’accordo con questa interpretazione. Preferisco la traduzione di birah come qualcosa di radicalmente diverso rispetto ad un palazzo. Era un edificio comune e grande in cui gli abitanti urbani vivevano in piccoli appartamenti privati. Non era né grandioso né bello ma era alto per allora, pericolosamente alto. I romani lo chiamarono insula. Noi lo chiameremmo un caseggiato

Perciò Abramo sta osservando il mondo in modo serio, un mondo in cui la povera gente soffrono ingiustizie e a volte la morte perché nessuno sembra curarsi di loro. Quindi Abramo fa la grande domanda non cosi diversa da quella di Amleto :  "Chi va là?" E interessa a qualcuno?

Come Willy Wonka i cui timori vengono alleviate quando un Charlie penitente gli restituisce il dono di una caramella speciale ("Così brilla un atto di gentilezza in un mondo stanco”) Presumibilmente Dio è sollevato che un umano abbia finalmente fatto la domanda che farà la differenza. "A me interessa," dice Dio, "e ora bisogna mettersi al lavoro. Ma non posso estinguere le fiamme da solo. Perciò dipenderò su di te.”

 

La lezione più importante di questo midrash è che gli antichi rabbini stavano lottando con il loro credere in Dio, e non c’è da stupirsi, quando consideriamo la dura realtà in cui si trovavano sotto il dominio dell’antica Roma. Per molti altri motivi, tra cui l’olocausto, anche noi spesso ci domandiamo sull’esistenza di Dio. Io proporrei che il nostro compito non è di trovare una risposta a questa domanda impossibile.

La domanda corretta non è “Esiste un Dio?” ma “A Dio interessa?” La risposta è realizzare che anche se crediamo in un Dio interessato-e io ci credo- siamo noi che dobbiamo aiutare Dio. Per parafrasare William Styron nel suo libro La Scelta Di Sophie, "Dove era Dio ad Auschwitz?" viene preceduta dalla domanda “Dove era l’umanità?"

"Che strano che Dio scelse gli ebrei” recita quello sciocco ritornello. La migliore risposta "Non è strano; gli ebrei scelsero Dio.” Può darsi, ma mi piace pensare che Dio scelse Abramo come leader per questa nuova impresa basandosi sul fatto che avesse fatto la domanda giusta. Perciò il richiamo di Abramo diventa il richiamo ad Abramo.

Purtroppo il mondo brucia ancora, a qualcuno interessa?

 

(Con permesso - https://reformjudaism.org/learning/torah-study/torah-commentary/  Tradotto dall’inglese all’italiano. L’autore non è responsabile per la traduzione.)

Parasha Noach

Noè, Genesi 6:9−11:32 (SABATO, 29 OTTOBRE)

Riassunto:

-         Dio decide di causare un diluvio che distruggerà il mondo, risparmiando solo la famiglia di Noè e gli animali che porterà con sé sull’arca.

-         La vita ricomincia dopo il diluvio. Vengono elencati i comandamenti noadici e Dio utilizza un arcobaleno come simbolo del primo patto.

-         La gente comincia a costruire una città e la torre di Babele. Dio disperde il popolo e dà loro lingue diverse con cui parlare.

-         Vengono elencate le dieci generazioni di Noè e di Abramo. 

Lezione di Rabbi Karyn D. Kedar

E successe che, a causa dei peccati del popolo, un grande diluvio coprì la terra. E Dio avvertì Noè, poiché Noè era il più retto della sua generazione. E Dio gli disse di costruire un’arca, cubito per cubito.

Non conosceremo mai la storicità di questo grande diluvio. Altre culture scrivono di diluvi devastanti, un esempio di questi si può trovare nel racconto babilonese di Gilgamesh. Ma è chiaro che l’autore della storia biblica non ha interesse nel darci un resoconto storico. L’autore sta mettendo alla prova il nostro rapporto con Dio, e di Dio con noi, ed è alla ricerca dei motivi che portano ad un fenomeno naturale che causa grandi disastri.

L’autore conclude che vi è una causa ed un effetto come risultato del peccato. Dio punisce, spesso duramente. Fosse per la malvagità delle persone, la terra verrebbe distrutta. Infatti, questo concetto di ricompensa e punizione si trova spesso nel corso della Torah. Io non credo a tutto ciò. Credo invece che quando diciamo di conoscere la causa e l’effetto, lo facciamo con arroganza e hubris.  

Anni fa feci un sogno. Era più simile ad una visione notturna. Immaginai un sarto in una foresta, mentre di notte stava lavorando, illuminato da una singola candela e armato di semplice ago e filo. Pensai, se solo sapessi cucire potrei rattoppare la mia vita. Quando mi svegliai, la visione rifiutò di abbandonarmi. Ho cercato il suo significato.

E cosi trovai la metafora. La nostra vita è come un arazzo. Vi è sopra una figura vaga e con ago e filo la riempiamo di colori un punto alla volta. Quando la vita si fa difficile, vediamo solo il retro dell’arazzo, nodi e fili che non sembrano essere correlati. Quando ci sentiamo forti, vediamo il fronte della figura di chi siamo, e la direzione che sta prendendo la nostra vita si materializza.  In entrambi i casi la vita è la nostra, da creare, da vedere e da decifrare.

Poi vi è un altro tipo di stoffa: un velluto di uno squisito colore nero scuro. Bellissimo, luccicante di vita, ma opaco.  Questo è Dio, o meglio il mistero. Rappresenta ciò che non posso mai conoscere, mai comprendere, mai vedere chiaramente.  Fa parte del mistero. Ed ecco la rivelazione. Faccio ciò che posso, ciò che posso controllare e devo lasciarmi dietro il resto. L’arazzo è mio da creare. Il velluto è mio da vedere. E’ mio compito cucire assieme i due pezzi di stoffa, l’arazzo ed il velluto. La fede vive sulla cucitura tra ciò che so e ciò che non saprò mai.

Come possiamo trovare significato nella grande e curiosa storia di Noè, anche se alcuni di noi, me incluso, rigettano il concetto di ricompensa e punizione? Se non vediamo il racconto come qualcosa di storico, e non lo vediamo come qualcosa di teologico, forse possiamo trovarne significato all’interno delle convenzioni letterarie. Vi è significato in questa parabola. 

Ogni dettaglio dell’arca che a Noè viene ordinato di costruire è descritta nei minimi dettagli, finestra inclusa: “farai all’arca una finestra” (tzhar)  per far entrare luce nell’arca (6:16). Bartenura, un commentatore del sedicesimo secolo su Rashi ,  scrive che la parola ebraica per “finestra” , tzhar, condivide la radice con la parola tzhariyim, “mezzogiorno”.  Bartenura insieme ad altri commentatori dice che a Noè venne ordinato di costruire un’apertura che avrebbe fatto entrare la luce del mezzogiorno. Questa rappresentava una finestra di speranza in attesa del nuovo giorno; una finestra aperta al mondo, ai cieli, ad un forma esterna di aiuto, un'apertura tramite cui Noè poteva mandare un messaggero, una colomba che avrebbe cercato terraferma e gli avrebbe fatto sapere della fine del diluvio.

E proprio così, gli uccelli girano il mondo alla ricerca di terraferma. Dopo un po’, verso sera, mentre il sole inizia a calare, la colomba ritorna, portando nel suo becco un ramo d’ulivo, dimostrazione che si poteva ricominciare di nuovo.  Qui la Torah ci offre una grande metafora spirituale. La storia della finestra dell’arca ci insegna ad essere resilienti, poiché a volte la vita ci porta grandi tensioni. Quando ciò succede, la Torah ci insegna la seguente lezione tramite metafora ed allegoria: Dobbiamo avere un involucro sicuro per sopportare la tempesta. Quando facciamo ciò, non dimentichiamo di costruire una finestra, un’apertura verso il mondo, una via di fuga dalla disperazione, poiché l’arca non è destinata a contenerci per sempre.

I rabbini ci offrono anche una seconda spiegazione per ciò che riguarda il significato della finestra, tzhar. Malbim, un grammatico ebraico del 19esimo secolo e studioso di Torah, ci propone l’idea che Noè non costruì una finestra ma che la parola tzhar si riferisce ad una pietra preziosa chiamata zhorit. Secondo lui, questa pietra è iridescente per natura, internamente luminosa e generatrice di luce. Malbim poi usa una sua interpretazione metaforica per dare una lettura diversa: dalla creazione di un’apertura (tzhar) in modo che la luce possa entrare nell’arca al fare spazio per far sì che la luce possa entrare.

La pietra che genera luce propria è una bellissima metafora per la resilienza. Il significato non si trova nelle avversità e nella tragedia, il significato si trova nelle risorse interne a noi stessi. Ritroviamo equilibrio attraverso il coraggio che ci vuole per vivere con il mistero e l’ambiguità. Viviamo in un vasto mare di un vivere inconoscibile, confuso e ambiguo. Vi sono cosi tante cose che semplicemente non possiamo sapere e che non capiremo mai. La fede non è cieca. La fede è un semplice processo di unire dei punti. La fede trova radici nella lotta costante di conoscere i limiti della nostra umanità, vivere sulla cucitura di cosa possiamo sapere e di ciò che è semplicemente inconoscibile.

Perciò quando ci troviamo sopraffatti dai problemi e dal dolore, possiamo costruirci un’arca, un luogo sicuro, con una tzhar, una risorsa di luce e resilienza.

(Con permesso - https://reformjudaism.org/learning/torah-study/torah-commentary/  Traduzione dall’inglese all’italiano. L’autore non è responsabile per la traduzione.

Parasha Shavua

B’reishit, Genesi 1:1−6:8 (SABATO, 22 OTTOBRE)

Riassunto:

- Dio crea il mondo e tutto ciò che esso contiene in sei giorni e si riposa il settimo giorno.

- Adamo ed Eva vengono messi nel giardino dell’Eden, dove mangiano il frutto proibito e conseguentemente vengono esiliati. 

- Adamo ed Eva hanno due figli, Caino e Abele. Caino uccide suo fratello Abele. 

- Adamo ed Eva hanno un’altra figlia di nome Seth. La Torah elenca le dieci generazioni da Adamo a Noè.

- Dio si pente di aver creato gli esseri umani e decide di distruggere tutto ciò che c’è sulla terra, ma Noè trova favore con Dio.

Lezione di Rabbi Michael Dolgin

Parashat B’reishit è la prima porzione della Torah e rappresenta le fondamenta della tradizione ebraica. Questi capitoli ci insegnano a trovare in essi un significato attuale, senza limitarsi al racconto di ciò che accadde nel passato. Mentre la Torah non è certamente un libro di storia o di scienza, questa parasta è il nostro punto di partenza per capire cosa l’ebraismo ha da dire sulla semplice realtà dell’esperienza umana. La scienza ci spiega come gli umani si siano evoluti, ma non cosa vuol dire o cosa si provi ad essere umani.

Quali sono le domande che animano i nostri pensieri e sfidano le nostre congetture? Qui vi sono due possibilità tratte da questa porzione: Indipendentemente dalla religione che si professa, poche storie sono cosi familiari come quelle di Adamo, Eva e il giardino dell’Eden. I loro dettagli sono cosi coloriti (il frutto proibito, un serpente parlante, maledizioni, il concetto dei vestiti ecc.) che continueranno ad animare l’immaginazione umana migliaia di anni nel futuro. Detto questo, è facile farsi distrarre da certi dettagli accattivanti di queste storie, così da ignorare uno dei suoi messaggi più basici.

Meir Sternberg, professore di letteratura presso la Tel Aviv University, analizza i due alberi che vengono citati nel testo. Nel suo libro, “The Poetics of Biblical Narrative” (Indiana University Press, 1987, pagina 46), descrive il significato de “l’albero della conoscenza del bene e del male” e “l’albero della vita” (Gen 3:22). Questi rappresentano due concetti base della vita umana: la nostra mortalità ed i limiti della nostra conoscenza. Molte prospettive culturali e religioni confermano che il rapporto con la propria mortalità definisce l’esperienza umana. La storia della Torah sulla nascita dell’umanità si focalizza non solo su questo concetto ma anche sui limiti di cosa possiamo sapere. Perché succedono eventi tragici? Come possiamo essere agenti di bene e santità quando non conosciamo appieno le conseguenze delle nostre scelte e delle nostre azioni?

La nostra conoscenza morale è limitata e le molteplici domande a cui vogliamo risposte si trovano nel centro del proverbiale giardino. Non possiamo voltare le spalle alla lacuna tra l’ordine morale che desideriamo nel nostro mondo e la nostra dolorosa realtà. Come il Divino, siamo consci della dimensione morale della vita, ma questo dono ha un prezzo altissimo. 

Lottiamo a cuore aperto con domande a cui non abbiamo risposte chiare, ma lottiamo insieme. Nella nostra missione collettiva, il peso del giusto e dello sbagliato diminuisce. 

Il genere è un altro tema chiave in B’reishit.  Mentre molti credono che la storia della creazione sia incentrata sulla storia di un uomo e una donna; una lettura più attenta del testo rivela maggiori sfumature. In B’reishit Rabba 24:7, Rabbi Akiva sostiene che l’essenza della Torah sia “Ama il tuo vicino come te stesso.” Il suo collega, Rabbi Ben Azzai, sostiene invece che l’essenza della Torah si trovi in Genesi 5:1-2: “Questo è il libro della genealogia di Adamo Quando Dio creò l’uomo lo fece a somiglianza di Dio, li creò maschio e femmina, li benedisse e li chiamò uomini quando furono creati.”

Rimanendo fedeli all’ebraico originale, leggiamo che Adamo è completamente umano, senza essere unicamente maschile o femminile. I pronomi in questi versi sono intenzionalmente inconsistenti, la nostra Torah fonde forme di genere diverso che comprende sia il singolare che il plurale allo stesso tempo, riprendendo Genesi 1:26: “Poi Dio disse : “Facciamo l’uomo [Adamo] a nostra immagine e a nostra somiglianza…” La pluralità di questa dichiarazione solitamente riflette un senso di maestà o un consulto con angeli divini, ma preferisco un’interpretazione più diretta : Solo Dio è uno. L’unità divina si riflette in diverse pluralità umane –genere, razza, cultura, abilità ecc.- L’immagine umana è nostra; appartiene a tutti, e proprio per la nostra creazione divina, abbiamo il diritto di autodefinirci. La prima persona in ebraico non conosce genere, che ci permette di trovare ed affermare un'unica identità, un’espressione singolare e personale dell’immagine divina e la sua somiglianza. 

Siamo tutti figli di Dio. Indipendentemente da come ci identifichiamo o le domande morali che occupano i nostri pensieri, ognuno di noi esprime l’immagine di Dio attraverso il potente atto dell'autodefinizione.

(Permesso accordato - https://reformjudaism.org/learning/torah-study/torah-commentary/  Questo testo è stato tradotto dall’inglese all’italiano. L’autore non è responsabile per la traduzione.)

Parasha – Korach - Numeri 16:1−18:32 (1 Luglio)

Riassunto:

Nella nostra porzione settimanale di Torah, Korach ed i suoi seguaci, Dathan e Abiram, conducono una ribellione contro Mosè e Aronne. In un passaggio orribile, Dio punisce i ribelli seppellendo vivi loro e le loro famiglie. Ancora una volta troviamo una piaga per mano di Dio. Più avanti i capi di ogni tribù depositano il proprio bastone nella tenda dell’incontro e dal bastone di Aronne sbocciano germogli, fiori e mandorle. In seguito, vengono stabiliti i gruppi dei koanemi e dei leviti e viene loro assegnato il compito di gestire le donazioni presso il santuario. Tutte le offerte fatte dai primogeniti vanno ai sacerdoti e tutte le decime vengono date ai leviti come compenso per i loro servizi.

Insegnamenti della Haftarah - Samuele 11:14-12:22.

In entrambe le porzioni di Torah e di haftarah, Mosè e Samuele devono far fronte ad una ribellione. Korach si ribella alla preminenza di Mosè e richiede potere per sé. Nella nostra haftarah il popolo si ribella a Samuele in quanto loro giudice e leader e pretendono un re in modo da essere come le altre nazioni. La ribellione di Korach fallisce. La richiesta del popolo per un re ha comunque successo e nella nostra haftarah Saul diventa re d’Israele.

Sia Mosè che Samuele rispondono in modo simile alle ribellioni a cui devono far fronte. Da loro possiamo imparare quali sono le qualità di un leader secondo la tradizione ebraica.

Mosè risponde ai suoi detrattori dicendo loro: “Ignorate la loro offerta. Non ho rubato l’asino a nessuno di loro, né ho fatto loro dei torti.” Mostrando le qualità di un buon leader, Mosè afferma di non aver portato via niente al popolo né di aver fatto ad esso dei torti.

La risposta di Mosè echeggia nelle parole di Samuele : “A chi ho rubato il bue o l’asino? Chi ho defraudato o derubato?  Se ho preso una tangente per distogliere lo sguardo, questa sarà restituita.” Samuele reagisce in maniera forte alla ribellione del popolo. Anche lui protesta la propria onestà ed integrità di leader.

Oggi non ci fidiamo di molti leader. Come Korah nella nostra porzione di Torah ed il popolo nella porzione di haftarah, ci ribelliamo. Detto questo, entrambe le nostre porzioni di questa settimana ci ricordano le qualità di un leader. Quando cerchiamo un leader, le qualità che ci interessano sono l’onestà e la giustizia. L’ebraismo ci insegna che i nostri leader devono possedere integrità e aver cura per il popolo che servono.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha – Sh'lach L'cha - Numeri 13:1−15:41 (24 Giugno)

Riassunto:


Nella nostra porzione di questa settimana, Mosè invia 12 spie alla terra d’Israele per raccogliere informazioni sui suoi abitanti e sul territorio. Nonostante le informazioni positive raccolte da Giosuè e Caleb, la gente ha paura. Più avanti Dio minaccia di distruggere il popolo d’Israele ma la sua ira si placa quando Mosè intercede per esso. Dio però punisce il popolo annunciando che, tra coloro che lasciarono l’Egitto, solo Giosuè e Caleb avrebbero avuto accesso alla terra d’Israele. Mosè poi dà istruzioni agli israeliti per ciò che riguarda la conservazione della challah, su come osservare Shabbat, su come trattare gli stranieri e le leggi dello tzitzit.

 

Insegnamenti della nostra Haftarah -Giosuè 2:1-24

 

Vi è un forte collegamento tra le porzioni di Torah e di Haftarah di questa settimana. Entrambe riferiscono dell’invio di spie per raccogliere informazioni sulle condizioni che il popolo d’Israele dovrà affrontare al suo ingresso nella terra promessa. Nella Torah, 2 spie offrono un rapporto favorevole (Giosuè e Caleb) mentre le restanti 10 danno un rapporto negativo e addirittura terrificante.  A causa di questo rapporto negativo, il popolo si rifiuta di addentrarsi in questa nuova terra. Come punizione l’attuale generazione deve morire e solo la nuova generazione potrà accedere alla terra.

 

Nella nostra porzione di haftarah è Giosuè, una delle due spie originali della Torah, che segue l’esempio di Mosè e manda a sua volta delle spie , in questo caso solo due invece delle dodici inviate nella Torah.  Le due spie vanno a Gerico e incontrano Rahab, una donna molto interessante.

 

Spesso la gente ci sorprende. A volte coloro che ci sembravano impressionanti ci deludono mentre coloro che apparivano più grezze e di poca importanza ci possono insegnare tante cose. Questo è il caso di Rahab, la protagonista della nostra porzione di haftarah. Nel leggere di lei, impariamo che aveva passato gran parte della sua gioventù praticando una professione disdicevole, la prostituta. Detto questo, è proprio una donna con origini così umili che finisce per far sì che il nostro popolo acceda alla terra promessa.

 

Rahab è l’epitomo della persona fuori dagli schemi. E’ una donna, una prostituta e una straniera. Vive al confine della città, in mezzo a ciò che sta dentro e ciò che sta fuori.

 

I rabbini del Talmud sono spesso cosi presi dalle azioni di Rahab da aver creato un’intera mitologia per il personaggio. Secondo i rabbini, per aver ospitato le due spie ed averle salvate Rahab viene premiata da Dio. I rabbini ci insegnano che Rahab si converte all’ebraismo e, come premio, ottiene addirittura che Giosuè divenga suo marito! Anche le scritture cristiane onorano Rahab. Matteo scrive che Rahab è un’antenata di Gesù perché ha vissuto secondo la sua fede.

 

Rahab è un esempio per tutti noi. In primis, ci insegna che la persona più semplice, che vive ai margini della società, può agire con fede e portare grandi cambiamenti nel mondo. In secondo luogo, Rahab ci insegna che teshuva/penitenza è possibile. Rahab prende il controllo della sua vita e cosi facendo cambia la storia. La storia della sua vita è un modello per tutti noi. Quando apriamo gli occhi e i cuori a tutti gli esseri umani, permettiamo che essi portino la pienezza dei loro doni in questo mondo. 

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha – Behaalotcha –Numeri 8:1−12:16: (17 Giugno)

Riassunto:

Nella nostra porzione di questa settimana, Dio parla con Mosè e gli descrive la menorah per la tenda del convegno. In seguito i leviti vengono scelti come assistenti di Aronne e dei suoi figli. Per coloro impossibilitati a celebrare Pesach durante Nisan viene data l’occasione di celebrare un “secondo Pesach” durante il mese di Sivan.  Una nuvola di giorno ed un fuoco di notte dimostrano la presenza di Dio sul tabernacolo. Quando la nuvola si solleva dal tabernacolo, il popolo lascia il Sinai, iniziando il suo viaggio, tribù per tribù. Abbiamo un tema ricorrente in cui gli israeliti si lamentano per la mancanza di carne, e ciò finisce per frustrare Mosè. Dio gli dice di eleggere un consiglio di saggi. Più avanti Dio dà carne agli israeliti, punendoli poi con una peste pesante. Miriam e Aronne parlano della “donna cuscita” che Mosè ha sposato. Oltre a questo, i due si lamentano che Dio parla non solo attraverso Mosè ma anche attraverso loro. Miriam viene punita con la lebbra, e Mosè prega Dio di guarirla. In seguito alla guarigione di Miriam, il popolo riprende il suo viaggio.

Insegnamento della nostra Haftarah - Zaccaria 2:14-4:7: 

Sia le nostre porzioni di Torah e di haftarah descrivono la menorah dell’antico tempio. Entrambe le porzioni s’impegnano a descrivere il luogo della menorah come simbolo della nazione. Nessuna vista a Roma è completa se non si va a vedere l’arco di Tito su cui troviamo la menorah dell’antico tempio, che fu portata via da Gerusalemme durante il sacco della città. Inoltre, se si visita la Knesset a Gerusalemme va sicuramente vista la menorah cerimoniale, che racconta la storia del popolo ebraico. 

 

Il potere della menorah -e di altri oggetti sacri- non può essere sottovalutato. La bellezza della menorah soddisfa la mitzvah “hidur mitzvah”, il principio di migliorare una mitzvah tramite l’estetica. Questo concetto viene dal commento nel Talmud da parte di Rabbi Ishamel, al seguente verso nella Torah: “Questo è il mio Dio, che glorifico”. Qualsiasi calice può contenere il vino per il Kiddush del venerdì sera; detto questo, un calice d’argento decorato rende questo momento unico e lo glorifica. Dato il hidur mitzvah , proprio come la bellissima menorah si trovava nell’antico tempio, così anche le case ebraiche sono piene di bellissimi oggetti ritualistici. 

 

La menorah del tempio ci insegna un’altra lezione importante. Nella nostra haftarah di questa settimana leggiamo: “Non con forza, né con potenza, ma attraverso il mio spirito.”  Mentre la menorah era un oggetto fisico che usavamo per portare sacralità, essa non aveva il potere di una reliquia religiosa, che incorporava sacralità di per sé. Invece, Zaccaria ci ricorda che Dio viene invitato nel nostro mondo senza forza e senza potenza.  Non è tramite oggetti ritualistici come la menorah o la luce delle sue candele che Dio entra nelle nostre vite. Invece preghiamo che la luce delle candele della menorah possano toccare le nostre anime, creando uno spirito di santità che possa permeare le nostre vite ed il nostro mondo.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha – Naso –Numeri 4:21−7:89: (10 Giugno)

Riassunto:

Nella nostra porzione di questa settimana viene fatto un censimento dei gersoniti, merariti e coatiti, tra i trenta ed i cinquanta anni e vengono descritti i loro compiti presso il tabernacolo.  Dio poi istruisce Mosè per ciò che riguarda il trattamento di persone ritualmente impure, individui penitenti e coloro che sono sospettati di adulterio. Più avanti vengono spiegati gli obblighi di un giuramento nazarita, tra queste vi sono l’astensione dal bere alcool e dal tagliarsi i capelli. Dio poi dice a Mosè di insegnare la benedizione sacerdotale ad Aronne ed ai suoi figli. Infine Mosè consacra il santuario, i capo tribù consegnano le loro offerte e Mosè parla con Dio nella tenda dell’incontro.

Insegnamento della  Haftarah - Giudici 13:2-25:

Entrambe le porzioni di Torah e di haftarah si concentrano sul nazarita – una persona considerata ritualmente pura da Dio e che si astiene dal bere alcool e dal tagliarsi i capelli.

Nella religione cristiana monaci e suore fanno voto di purezza come i nazariti. E’ normale nel mondo cristiano che queste persone si isolino dalla vita quotidiana, vivendo in conventi e monasteri. L’ebraismo non presenta nessun concetto secondo cui l’isolamento dalla vita quotidiana ed il fare voti di purezza porti ad una maggiore santità. La cosa che più si avvicina a ciò è il voto del nazarita, che si traduce in un giuramento di rimanere puri per un periodo di 30 giorni.

Secondo la nostra porzione di Torah, i voti del nazarita sono temporanei-validi solo per un periodo di tempo limitato. Al nazarita della Torah non era permesso separarsi dal popolo per un lungo periodo di tempo. Nella nostra porzione di Haftarah , leggiamo della storia di Sansone, che pare fosse obbligato a prendere i voti del nazarita dalla nascita. Non ebbe scelta e non fu per un periodo limitato. Nonostante possedesse una grande forza e statura, Sansone aveva un carattere debole in quanto donnaiolo.

Anche noi facciamo dei voti ogni tanto. Promettiamo di mangiare meno, di bere meno, di comportarci meglio nei confronti dei nostri cari, ecc. Ciò nonostante, in quanto ebrei non facciamo voti di santità che ci separino dalla vita quotidiana. Invece, assumendoci gli obblighi delle mitzvot tramite la preghiera quotidiana e settimanale, attraverso le tzedakah e l’amorevolezza abbiamo la possibilità di renderci santi ogni giorno.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha – Behukotai – Levitico: 26:3-27:34: (27 Maggio)

Riassunto:

Nella nostra porzione di questa settimana, Dio promette benedizioni ai figli d’Israele se questi rispettano la legge e avverte che vi saranno maledizioni per coloro che non osserveranno i comandamenti di Dio. In seguito vengono descritti doni fatti al santuario, per mantenere fede a giuramenti o per pia gratitudine.

Insegnamenti Della Haftarah - Geremia 16:19-17:14:

Nella nostra porzione di Torah di questa settimana, concludiamo il Levitico. Le sue ultime parole ricordando al popolo ebraico che obbedire alla parola di Dio sarà ricompensato con benedizioni e che la disobbedienza sarà punita con maledizioni. Nella nostra haftarah, Geremia riprende questo tema, dicendo al popolo che il favore di Dio è assicurato se esso prende la giusta decisione.

Questo messaggio è difficile. Nel nostro quotidiano vediamo che i malvagi sembrano benedetti mentre i buoni soffrono grandi mali. Nel corso delle generazioni  ci siamo chiesti se le nostre azioni impattino sul mondo. C’è una ricompensa o una punizione? Non sembra esservi una correlazione tra fede, atti di bontà e risultati positivi. Rabbi Harold Kushner  scrisse un bestseller in merito intitolato : “Quando Cose Brutte Succedono A Brave Persone.”

L’ebraismo Reform  ebbe problemi con il messaggio di Geremia tratto dalla nostra haftarah di questa settimana. Come Rabbi Kushner, molti ebrei di oggi credono in un Dio che non agisce direttamente su eventi quotidiani e non interviene in ciò che succede nel mondo. L’ebraismo Reform  era così convinto di ciò da togliere un paragrafo significativo del V’ahavta nel nostro siddur :  

E cosi sarà, se obbedirai diligentemente ai miei comandamenti che ti dono quest’oggi, amare l’Eterno tuo Dio e servirlo con tutto il tuo cuore e la tua anima, io farò piovere sulla tua terra al momento opportuno, sia la pioggia prematura che quella tardiva, e raccoglierai il tuo grano, il tuo vino ed il tuo olio. E farò sì che cresca l’erba nei tuoi campi per il tuo bestiame, e tu mangerai e sarai sazio. Abbi cura affinché il tuo cuore non lasci la retta via e ti faccia adorare ed inginocchiare dinanzi a  divinità straniere. Poiché allora l’ira dell’Eterno si abbatterà su di te, e Dio chiuderà i cieli in modo che non piova e la terra non darà più i suoi frutti, e presto perirai.

Per gli ebrei di oggi queste parole sono difficili da credere. La pioggia e la siccità non succedono a causa delle nostre azioni o delle nostre preghiere.  Il mio professore e mentore, Rabbi Richard Levy, scrisse un interpretazione moderna di questo paragrafo della V’ahavta:

Se senti le parole del Sinai, allora l’amore scorrerà da noi; e serviremo tutto ciò che è sacro con tutto il nostro intelletto e la nostra passione e con tutta la nostra vita. Se serviamo tutto ciò che è sacro staremo facendo tutto ciò che gli esseri umani possono fare per far sì che ci sia la pioggia, che l’erba sia verde, che il grano sia dorato come il sole e che i fiumi siano pieni di vita. Tutti i figli di Dio mangeranno e ci sarà abbastanza per tutti. Ma se voltiamo le spalle alle parole del Sinai e finiamo per servire ciò che è comune e profano, divinizzando il nostro comfort o il nostro potere, alla perderemo la santità della vita ed il mondo sarà inospitale…

Geremia insieme ai teologi tradizionali insegnano che vi sono dirette conseguenze alle nostre azioni…pioggia o siccità, salute o malattia. Rabbi Levy ci ricorda che mentre le conseguenze in base a come viviamo non hanno effetto sulle piogge o la ricchezza dei nostri campi, hanno invece effetto sul nostro mondo. Il messaggio di Geremia ha rilevanza anche oggi. Chi siamo e come viviamo fanno la differenza nel nostro mondo.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha – Behar –Levitico 25:1-26:2; (May 20)

Riassunto:
Nella nostra porzione di questa settimana, Dio ordina Mosè di dire agli israeliti che ogni settimo anno, la terra osserverà un Shabbat di completo riposo : non ci sarà né la semina né la potatura.  Dopo quarantanove anni, verrà celebrato un anno di giubileo quando tutta la terra venduta durante quel periodo va restituita ai proprietari originali e gli schiavi vanno liberati. Dio poi ordina Mosè di dire agli israeliti di non creare idoli, di osservare lo Shabbat e di venerare il santuario dell’Eterno.

Insegnamento della Nostra Haftarah - Geremia 32:6-27:

La nostra porzione di Torah ci insegna l’importanza di mantenere la terra ancestrale da parte di una famiglia. Ci ordina che se un parente si trova in difficoltà finanziaria, un altro membro della famiglia dovrebbe aiutarlo, in modo che la sua famiglia possa mantenere la propria terra. Nella nostra haftarah, Geremia soddisfa questa legge in maniera simbolica e cosi facendo da speranza al popolo d’Israele disperato dall’attacco dei babilonesi.

L’aspetto più interessante della nostra haftarah si può trovare nel Israel Museum a Gerusalemme.  Il verso 12 ci introduce ad un uomo di nome Baruch. Non capita spesso che nella Torah o nella Haftarah veniamo introdotti a personaggi per nome ed è ancora più infrequente che troviamo personaggi la cui esistenza può essere dimostrata tramite l’archeologia.

Nel Israel Museum possiamo trovare un timbro sigillo. Nell’antichità un documento veniva sigillato con un timbre sigillo in cera. In questo caso troviamo un sigillo con scritto: “proprietà di Berach-yahu ben Neri-yahu, lo scriba. Questo antico sigillo ci dimostra che lo scriba Baruch figlio di Neria è davvero esistito –questo è il nome esatto della persona descritta nella nostra haftarah.  

Baruch e Geremia vissero durante un periodo storico in cui poche persone sapevano leggere e scrivere. Mentre profeti e sovrani erano probabilmente istruiti, erano sempre accompagnati da uno scriba, il cui compito era di trascrivere e custodire documenti. Questo era il ruolo di Baruch per Geremia. 

Nel corso delle generazioni sono nate diverse leggende per ciò che riguarda Baruch. Era conosciuto per essere fedele e risoluto, il che lo rese molto amato dal popolo. Diversi libri meno conosciuti di allora raccontano di visioni e miracoli compiuti da Baruch. Mentre Geremia è il nome più conosciuto, è Baruch che è amato dal popolo. Ed è Baruch che incontriamo attraverso il suo sigillo quando visitiamo il Israel Museum.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha – Behar –Levitico 25:1-26:2; (May 20)

Riassunto:

Nella nostra porzione di questa settimana, Dio ordina Mosè di dire agli israeliti che ogni settimo anno, la terra osserverà un Shabbat di completo riposo : non ci sarà né la semina né la potatura.  Dopo quarantanove anni, verrà celebrato un anno di giubileo quando tutta la terra venduta durante quel periodo va restituita ai proprietari originali e gli schiavi vanno liberati. Dio poi ordina Mosè di dire agli israeliti di non creare idoli, di osservare lo Shabbat e di venerare il santuario dell’Eterno.  

Insegnamento della Nostra Haftarah - Geremia 32:6-27:

La nostra porzione di Torah ci insegna l’importanza di mantenere la terra ancestrale da parte di una famiglia. Ci ordina che se un parente si trova in difficoltà finanziaria, un altro membro della famiglia dovrebbe aiutarlo, in modo che la sua famiglia possa mantenere la propria terra. Nella nostra haftarah, Geremia soddisfa questa legge in maniera simbolica e cosi facendo da speranza al popolo d’Israele disperato dall’attacco dei babilonesi.

L’aspetto più interessante della nostra haftarah si può trovare nel Israel Museum a Gerusalemme.  Il verso 12 ci introduce ad un uomo di nome Baruch. Non capita spesso che nella Torah o nella Haftarah veniamo introdotti a personaggi per nome ed è ancora più infrequente che troviamo personaggi la cui esistenza può essere dimostrata tramite l’archeologia.

Nel Israel Museum possiamo trovare un timbro sigillo. Nell’antichità un documento veniva sigillato con un timbre sigillo in cera. In questo caso troviamo un sigillo con scritto: “proprietà di Berach-yahu ben Neri-yahu, lo scriba. Questo antico sigillo ci dimostra che lo scriba Baruch figlio di Neria è davvero esistito –questo è il nome esatto della persona descritta nella nostra haftarah.  

Baruch e Geremia vissero durante un periodo storico in cui poche persone sapevano leggere e scrivere. Mentre profeti e sovrani erano probabilmente istruiti, erano sempre accompagnati da uno scriba, il cui compito era di trascrivere e custodire documenti. Questo era il ruolo di Baruch per Geremia. 

Nel corso delle generazioni sono nate diverse leggende per ciò che riguarda Baruch. Era conosciuto per essere fedele e risoluto, il che lo rese molto amato dal popolo. Diversi libri meno conosciuti di allora raccontano di visioni e miracoli compiuti da Baruch. Mentre Geremia è il nome più conosciuto, è Baruch che è amato dal popolo. Ed è Baruch che incontriamo attraverso il suo sigillo quando visitiamo il Israel Museum.

L’aborto è legale secondo l’ebraismo? Questa è una domanda che si stanno ponendo molti in Italia e negli Stati Uniti. Sotto troverete un articolo scritto da Rabbi Mara Nathan di Beth-El a San Antonio nel Texas, una mia amica e collega.

Nonostante l’opinione trapelata dalla Corte Suprema (negli Stati Uniti) che riguarda Roe vs. Wade non sia sorprendente, è assai inquietante. Nonostante i reclami da parte dei Giudici Gorsuch, Kavanaugh e Coney Barret che non avrebbero contestato precedenti stabiliti dalla Corte Suprema per ciò che concerne l’aborto, non vi è più alcun dubbio su cosa pensino della decisione presa nel 1970. Quindi, mentre attendiamo una decisione ufficiale, pare che la Corte  cancellerà le protezioni federali per ciò che riguarda l’accesso ai servizi di aborto, dando il potere decisionale agli Stati.

Quale potrebbe essere la risposta ebraica a questa situazione?

Rivolgendosi ai fedeli, coloro che si oppongono all’aborto usano un linguaggio religioso e morale per rafforzare I loro argomenti. Eppure, come ho scritto in precedenza, l’ebraismo non vede l’aborto come un crimine. La nostra tradizione è chiara che finchè un bambino non nasce questi non è considerato un essere indipendente. La salute della madre ha priorità sul figlio nascituro. Questo punto di vista non è unico ai Reform ma è costante con altre branchie dell’ebraismo.

La (recente) porzione di Torah, Kedoshim, ci offre un modo per riflettere su questa dicotomia attraverso uno dei versi più famosi della Torah: “Non ti vendicherai e né serberai rancore verso i figli del tuo popolo ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono Adonai.” (Levitico 19:18).

Ramban (un saggio del tredicesimo secolo) ci spiega che: “Questo comandamento non va preso alla lettera, poiché non è possibile amare un altro sino a questo punto. Ecco allora che salvare la propria vita -come insegnerà la halacha – ha priorità sul salvare la vita di un altro. Non è scritto “Amerai il tuo prossimo – “reyacha”’ ma ’“L’reyacha---Amore verso il tuo prossimo…. Una persona dovrebbe cercare di mostrare l’amore senza rancore, come spera che sia per sé stesso.”

Nel contesto del dibattito sull’accesso all’aborto, cosa vuole dire “amerai il tuo prossimo come te stesso”?

Credo che Ramban stia enfatizzando l’importanza della cura di sé stessi ed il bisogno di empatia e rispetto per l’autonomia degli altri. Sostenere l’accesso all’aborto non è una scelta fatta per sé stessi ma perchè si sta proteggendo il diritto degli altri a prendere decisioni informate ed autonome per ciò che riguarda il proprio corpo e la propria vita.

Tutti gli esseri umani dovrebbe avere il diritto alla salute essenziale che, secondo la tradizione ebraica, dovrebbe includere l’accesso all’aborto sicuro e legale. Bisogna [dobbiamo] continuare a facilitare dibattiti sulla salute riproduttiva, sui diritti riproduttivi e sulla la giustizia riproduttiva in maniera proattiva. Amare il tuo prossimo come te stesso non significa che questi si comporti o creda nelle stesse cose in cui si crede, ma che questi vada protetto a livello di salute e di benessere. Ciò comporta la loro possibilità di prendere decisioni autonome per quello che riguarda il loro corpo.

Rabbi Mara Natha

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha – Kedoshim – Levitico 19:1-20:27: (May 7)

Riassunto:

Nella nostra porzione di questa settimana – alcune sezioni della quale vengono anche lette durante Yom Kippur-, Dio proclama una serie di comandamenti, dando istruzioni agli israeliti su come essere un popolo sacro. Vengono descritte anche alcuni crimini sessuali e le risultanti punizioni se questi vengono commessi.

Lezione Della Nostra Haftarah – Amos 9:7-15: 

La nostra porzione di Torah e di haftarah sono collegate dalle visione su cosa significa essere un popolo sacro.Nella nostra porzione di Torah, vengono elencate una serie di comandamenti da osservare che portano a questa sacralità. Nella porzione di haftarah, Amos indica quanto Israele sia lontana dall’essere un popolo sacro.Il profeta conclude con una nota positiva, prevedendo un futuro luminoso per il popolo d’Israele.  

In questa porzione troviamo un passaggio assai difficile e impegnativo. Nel primo verso Amos dice : “Non siete come me, popolo d’Israele, come i cusciti?” Amos sta direttamente paragonando il popolo d’Israele ai popoli dell’Africa settentrionale, conosciuti per la loro pelle nera. 

Nel corso delle generazioni i commentatori sono in disaccordo sul motivo di questo paragone. Significa che Dio ci odia come odia i cusciti? Oppure dovrebbe rappresentare un enunciato universale che per Dio il popolo d’Israele e come qualsiasi altro popolo? 

Nel suo commento tradizionale sulla Torah, Joseph Hertz , capo dei rabbini inglesi a metà del 1900 scrive : “La degenerata Israele vale per Dio quanto gli odiati abitanti della distante Etiopia…” Secondo Hertz non vi è paragone peggiore per il popolo d’Israele di quello fatto coi cusciti.  

Detto questo, Rabbi Gunther Plaut, un rabbino Reform contemporaneo e autore del commento Reform sulla Torah e Haftarah scrive, “non vi è motivo per questo tipo di analisi.” Secondo Plaut nella Torah viene dipinta un'immagine negativa dei cusciti, come altri popoli quali egiziani, canaaniti, filistei, assiri e babilonesi-tutti nemici storici di Israele.

Secondo Plaut, la bibbia non ha nessun tipo di pregiudizio razziale. Infatti, Mosè sposa una donna cuscita. Quando la Torah descrive una nazione straniera, lo fa in secondo la lingua ed il luogo geografico. La Torah non parla mai di razza. 

 Plaut interpreta il discorso di Amos nella nostra haftarah come una proclamazione che  “Dio è Dio dell’umanità e che in quanto esseri umani, i figli d’Israele non sono diversi dagli abitanti dell’Africa- i cusciti…” 

Mentre Amos si concentra sui peccati del popolo d’Israele, ricorda loro che per essere un popolo sacro, devono agire in modo sacro.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha – Aharei Mot - Levitico 16:1-18:30: (29 Aprile) 2022

Riassunto:

Nella nostra porzione di Torah di questa settimana vengono delineati i compiti che devono svolgere i sacerdoti durante Yom Kippur insieme a come va svolta la cerimonia del capro espiatorio. Mosè informa Aronne sulle leggi del digiuno e del pentimento per ciò che riguarda Yom Kippur.

Vengono dati degli avvertimenti contro sacrifici fatti fuori dal santuario ed il consumo di sangue.  Infine, Mosè condanna pratiche sessuali di alcuni dei popoli circostanti e vengono proibiti certi rapporti sessuali.

 

Lezione della Haftarah – Ezechiele 22:1-19:

Quando stavo studiando per diventare rabbino, il mio professore, H.M. Orlinsky scrisse:  “Se si legge il libro di Ezechiele, si può comprendere che il governo ed il popolo della Giudea stavano commettendo una delle più grandi serie di peccati nella storia della Giudea stessa e di Israele, se non della storia per intero.” Sia la nostra porzione di Torah che la nostra porzione di hafatarah si concentrano sulle improprietà sessuali.

Durante la visita di Ezechiele a Gerusalemme, il profeta fu scioccato da cosa vide e denunciò la leadership ed il popolo per la loro depravazione morale. Chiamò Gerusalemme, la città del sangue.

Per ben otto volte Gerusalemme e la sua gente viene accusata di violare le leggi stringenti della Torah per ciò che riguarda il sangue. Perché Ezechiele utilizza l’immagine del sangue? Il sangue è una metafora usata dal profeta per  significare la totale corruzione della città. Ezechiele sapeva che i suoi lettori a Gerusalemme avrebbero capito la sua metafora. Il sangue è equivalente alla vita stessa. Per Ezechiele che inveisce contro la corruzione della gente e della sua leadership, il sangue funge da veicolo per il suo messaggio. Secondo Ezechiele, l’estorsione, la disonestà e altre depravazioni morali sono come succhiare il sangue. Impariamo che il maltrattamento dei poveri e dei bisognosi è un atto di spargimento di sangue. Tra le varie depravazioni il profeta menziona anche la calunnia. Secondo Ezechiele il calunniatore sta uccidendo la reputazione della sua vittima perciò il peccato equivale all’omicidio.

Ezechiele tornò a Gerusalemme dalla Babilonia, sperando di godere della santità di questa città sacra.  Invece, trovò peccato e malvagità tra il popolo e la loro leadership. Solo nell’ultimo verso della haftarah vi è un barlume di speranza.  Si, per Ezechiele c’è ancora la possibilità che la speranza trionfi sulla disperazione.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha – M'tzora - Levitico 14:1-15:33 8 Aprile 2022

Riassunto:

Per la seconda settimana consecutiva la nostra porzione di Torah affronta temi scomodi. Apriamo con i riti sacerdotali per curare la tzaraat (una malattia della pelle) quando questa affligge le persone. Vengono poi descritti i riti per rimuovere la tzaraat dalle case. Continuiamo poi con impurità maschili risultanti da secrezioni del pene o  emissione seminale. Concludiamo con impurità femminili causata da secrezioni di sangue. 

Insegnamento Della Haftarah – Primi Re 7:3-20:

Proprio come nella nostra porzione di Torah, anche nella haftarah abbiamo a che fare con malattie della pelle. Questa settimana leggiamo di quattro lebbrosi che giungono a Samaria e finiscono per salvare questa città.                                                                                   

Nel corso della Bibbia vi è un focus sulla lebbra. La paura di questa malattia giunge da una mancanza di comprensione e di conoscenza in materia di contagio. Flavio Giuseppe, uno storico romano del primo secolo, descrive i lebbrosi come “persone morte.”  Uzzia , uno dei primi re d’Israele, è costretto a vivere in isolamento per via della malattia.  Nella nostra haftarah, quattri lebbrosi vengono banditi dalla città di Samaria per via delle ingiunzioni bibliche e si trovano fuori dai cancelli. In seguito si comportano in maniera fatalista, mettendo in pericolo le proprie vite dirigendosi verso il nemico arameo durante la battaglia fra gli aramei e i samerini.

Nell’antichità, la malattia veniva vista come una punizione divina. La lebbra era una punizione terribile e perciò il peccato commesso deve essere stato ugualmente terribile per meritarsi questa malattia. Secondo i nostri saggi, la lebbra è la punizione per aver commesso il peccato della calunnia, prendendo spunto dalla malattia che afflisse Miriam dopo che questa aveva calunniato suo fratello Mosè. 

Spesso anche noi ci facciamo prendere dalla paura quando ci manca la conoscenza. I quattro lebbrosi della haftarah ci insegnano che vi è speranza anche nella disperazione. Nonostante fossero afflitti dalla lebbra, salvarono la propria nazione.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha – Tazria - Levitico 12:1−13:59 2 Aprile 2022

Riassunto:

La nostra porzione di Torah di questa settimana non è piacevole. Infatti affronta argomenti che spesso non affrontiamo in pubblico! Dio descrive i riti per la purificazione di una donna post parto. Dio poi ci offre una serie di metodi per la diagnostica ed il trattamento di varie malattie della pelle, tra queste tzara-at (una forma di lebbra), e la purificazione dei vestiti.

Insegnamento della nostra Haftarah – Secondi Re 4:42-5:19

La nostra porzione di Torah si focalizza sull’argomento spiacevole delle malattie della pelle. Nella nostra haftarah il profeta Eliseo cura un generale straniero affetto da lebbra.

Perchè Naaman, uno straniero, si trova in Israele alla ricerca di una cura? Perché un forestiero si rivolge ad un profeta d’Israele per farsi curare dalla lebbra? 

E’ interessante che nell’antichità la gente era aperta ad idee e credi nuovi, sia a livello spirituale che a livello fisico. La nostra haftarah ci insegna che nell’antico medio oriente, nonostante il focus sullo spirituale rappresentato da tribù e credi diversi, la gente era disposta ad oltrepassare confini sociali ed era aperta ad allargare i propri orizzonti.

In seguito alla sua guarigione miracolosa, Naaman riconosce l’unicità di Dio e in segno di questo riconoscimento giura lealtà a Dio. Questa però non è una conversione verso l’ebraismo, anzi dovremmo renderci conto che quando torna in patria, Naaman continuerà a servire il suo re straniero e continuerà a pregare presso templi pagani. Ciò pare non offendere Eliseo che si rivolge a Naaman dicendo “Vai in pace.” 

Oggi la gente è disposta a fare di tutto quando è alla ricerca di qualcosa a livello spirituale o medico! La nostra haftarah ci insegna che non siamo così diversi dai nostri antenati. Anche loro cercavano leader sacri in tutta la regione per consigli a livello salutare o economico. Inoltre impariamo che nell’antichità i confini politici e religiosi erano “porosi”. Fa parte della natura umana volere il meglio in circolazione!

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Sh'mini - Levitico 9:1-11:47 – 25 Marzo 2022

Riassunto:

Nella nostra porzione di questa settimana , Aronne ed i suoi figli seguono le istruzioni di Mosè ed offrono sacrifici in modo che Dio perdoni il popolo. Due dei figli di Aronne, Nadab e Abiu, offrono in sacrificio a Dio "un fuoco illegittimo". Di conseguenza Dio punisce i due sacerdoti uccidendoli all’istante. In seguito a questo, Dio proibisce a Mosè, ad Aronne ed ai suoi figli rimanenti di piangere la morte di Nadab e Abiu, ma ordina al resto del popolo di farlo. La porzione prosegue con la proibizione ai sacerdoti di bere alcool prima di entrare nel sacro tabernacolo e questi ricevono ulteriori informazioni sul come fare sacrifici. Vengono poi date delle leggi per poter distinguere fra animali, uccelli, pesci ed insetti puri ed impuri.

Lezione Della Haftarah – 2 Samuele 6:1-7:17:

Nella nostra porzione di Torah, due dei figli di Aronne muoiono come punizione per aver offerto il sacrificio di un “fuoco illegittimo” nel tabernacolo.  Nella nostra porzione di haftarah, Uzzà muore per aver inavvertitamente toccato l’arca durante la processione in cui questa viene portata a Gerusalemme. In entrambi i casi la punizione è severa, mentre l’atto per cui vengono puniti Nadab, Abiu ed Uzza risulta poco comprensibile.

Tutti e tre muoiono per aver violato un rito. Chiaramente la sacralità dell’arca, sia nel tabernacolo che durante il suo viaggio a Gerusalemme, non è cosa banale. Portando un “fuoco illegittimo” in un luogo sacro, Nadab e Abiu contravvengono alla legge e la punizione è severa. Detto questo, la situazione non è così chiara nel caso di Uzzà. Il testo ci dice che i buoi che stavano trasportando il carro su cui era poggiata l’arca inciamparono. Per stabilizzare l’arca, Uzzà si spinge in avanti e “afferra l’arca di Dio.”

Che crimine ha compiuto Uzzà?  Pare che stesse semplicemente cercando di far sì che l’arca non cadesse. Il grande commentatore Rashi vede questo atto malvagio come un atto di sfida nei confronti di Dio. Secondo Rashi, l’arca è così sacra da essere trasportata da Dio. Gli esseri umani non sono necessari al suo trasporto. In questo caso, il peccato di Uzzà fu la mancanza di fiducia nel fatto che Dio avrebbe protetto l’arca. Nel Talmud, Rabbi Yochanan ha problemi con questa interpretazione. Come Rashi, Yochanan capisce che l’atto compiuto da Uzzà sia peccaminoso. Detto questo, nonostante il peccato, Yochanan attribuisce vita eterna ad Uzzà. Nonostante Uzzà muoia a causa del suo peccato, quest’ultimo non è così serio da negargli l’immortalità!

I commentatori tradizionali non si trovano in accordo con una punizione severa quando il peccato non è chiaro. Fanno fatica a trovare un significato nel verdetto della morte quando questa sembra ingiustificata. Non siamo soli nel mettere in discussione le azioni di Dio quando queste sembrano così inspiegabili.

Come tanti aspetti della vita, anche la morte è impossibile da capire.  Secondo il narratore dei nostri testi, ciò che va oltre la comprensione deve essere il risultato del volere di Dio. Per noi in quanto pensatori scientifici, la ricerca è per un significato più profondo. Detto questo, la nostra haftarah ci ricorda che ci sono tante cose che non possiamo capire. Dopo migliaia di anni dalla nostra haftarah,  ci sono così tante cose nel nostro mondo che vanno oltre la nostra comprensione, che rimangono un mistero.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Vayikra - Levitico 1:1−5:26 – 11 Marzo 2022

Riassunto:

Nel cominciare un nuovo libro della Torah questa settimana, la nostra attenzione si sposta sui sacrifici nel tempio. In questa porzione troviamo i diversi tipi di sacrifici. Lo olah o "olocausto" era un sacrificio volontario, che comportava un alto livello di santità e veniva considerata un offerta “standard”.  L’intero animale, tranne la pelliccia, veniva bruciato sull’altare. Il minchah (o "pasto") era un sacrificio fatto di farina, olio ed incenso, che veniva parzialmente bruciato sull’altare, in parte dato ai sacerdoti da mangiare. Lo zevach sh'lamim o "sacrificio del benessere”, era l’offerta volontaria di un animale proveniente dal proprio pascolo, spesso fatto per mantenere fede ad una promessa. Il chatat o "offerta di peccato" era un sacrificio che veniva offerto per espiare un peccato commesso non intenzionalmente. Questa offerta si differenzia dalle altre nel modo in cui veniva trattato il sangue dell’animale. Infine abbiamo lo asham o "offerta di penalità", un sacrificio di un ariete che veniva fatto da parte di chi si fosse impossessato di una proprietà in maniera illecita. 

Lezione di Haftarah – Isaia 43:21-44:23:

La nostra porzione di Torah si concentra sui sacrifici che venivano fatti presso il tempio di Gerusalemme. Ai tempi del profeta Isaia il tempio era stato distrutto e quindi Isaia esortò la gente a fare a Dio offerte dal loro cuore.

Nella nostra haftarah Isaia si rivolge al popolo ebraico in esilio, che si chiede se Dio lo abbia abbandonato. Il messaggio di Isaia va contro questo pensiero, affermando che il popolo ebraico è caro a Dio. 

Il discorso di Isaia rafforza l’idea che il popolo ebraico sia stato scelto da Dio. Nella Torah, il popolo ebraico viene descritto come il “tesoro” dell’Eterno, un “regno di sacerdoti ed una nazione santa.”  Data la loro elezione a svolgere il servizio divino, hanno un obbligo verso Dio… un obbligo di evitare l’idolatria e di agire in maniera etica e sacra. 

Anche oggi, dopo migliaia di anni, il nostro ebraismo si basa su questi ideali. Essere ebreo è un privilegio. Nella nostra preghiera quotidiana, ed in quella di Shabbat, continuiamo a ringraziare Dio per averci prediletti rispetto agli altri popoli, dandoci un destino unico. Quando accettammo la Torah presso il Sinai promettemmo di mantenere fede al nostro ruolo nel patto divino. Il piano storico di Dio si può realizzare solo se manteniamo fede agli obblighi che abbiamo nei suoi confronti.

Essere stati scelti non vuol dire che noi siamo un popolo superiore. Ci deve invece ricordare che siamo privilegiati- siamo compagni di Dio nella redenzione ultima del mondo. 

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Pekudei - Esodo 38:21-40:38 – 4 Marzo 2022

Riassunto:

Nella nostra porzione di Torah di questa settimana troviamo un riassunto statistico dei materiali utilizzati per il tabernacolo. Più avanti nella porzione, Mosè benedice gli israeliti per il lavoro svolto e poi, secondo le istruzioni di Dio, prepara il Mishkan ed i sacerdoti vengono unti e consacrati. Infine troviamo una descrizione di una nuvola che copre il Mishkan di giorno e di un fuoco che brucia a fianco, indicando la presenza di Dio al suo interno. Con questa porzione si conclude il libro Esodo.

Insegnamento della nostra Haftarah - I Re 7:51-8:21:

La nostra porzione di Torah continua a concentrarsi sulla costruzione del tabernacolo nel deserto, mentre la porzione di haftarah si concentra sulla costruzione del tempio di Salomone a Gerusalemme. In entrambi i casi, la domanda spirituale che viene posta è: dove risiede Dio?

Nella nostra porzione di haftarah, risulta chiaro che Dio è presente nella sacra arca. Sappiamo che l’arca conteneva le due tavole della legge (i dieci comandamenti) insieme (secondo la tradizione) ai frammenti della prima serie di comandamenti che Mosè ruppe dopo aver visto il vitello d’oro. I pali che venivano utilizzati per trasportare l’arca erano anch’essi al suo interno, il tutto custodito nel tempio di Salomone.

Nel film, “I Predatori Dell’Arca Perduta”, vengono associati dei poteri magici all’arca. Questi poteri magici sono evidenti anche nei nostri testi. Eserciti portavano in battaglia l’arca in modo da assicurarsi la vittoria. Giosuè la trasportò intorno alle mura di Gerico durante l’attacco alla città. In seguito divenne il pezzo centrale nel tempio di Salomone. Sembra che l’arca sia scomparsa dopo la distruzione del tempio da parte dei babilonesi nel 586 AC. 

Oggi non attribuiamo più poteri mistici all’arca nelle nostre sinagoghe, anche se rimane comunque un punto centrale a livello architettonico. Per noi, l’arca con la sua luce eterna sopra di essa, rappresenta una manifestazione simbolica della presenza di Dio tra di noi.  Quando, con grande reverenza, rimuoviamo la pergamena della Torah dall’arca stiamo proclamando che Dio rimane con noi mentre leggiamo ed insegniamo Torah.

A Beth Shalom la pergamena di Torah riposa sul tavolo, coperta da un Tallit.  Quando ci poniamo la domanda, “Dove risiede Dio?” sappiamo che Dio risiede in mezzo alla nostra comunità quando preghiamo e studiamo insieme.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha – Vayakehel - Esodo 35:1–38:20 - 25 Febbraio 2022

Riassunto:

Nella nostra porzione abbastanza breve di questa settimana, Mosè insegna le regole dello Shabbat agli israeliti. Compare quindi il tema principale quando Mosè chiede agli israeliti di donare oggetti per la costruzione del tabernacolo.  Più avanti nella porzione Dio sceglie Bezaleel e Ooliab per la costruzione del Mishkan [Il Tabernacolo].  Questi sono esperti artigiani ispirati con lo spirito di Dio.

Lezione della nostra Haftarah - I Re 7:40-7:50 

La haftarah di questa settimana è abbastanza breve-solo 11 versi. Detto questo, molto spesso nella botte piccola c’è il vino buono!  Il parallelo tra le porzioni di Torah e haftarah è assai chiaro.  Entrambe le porzioni si concentrano sulla costruzione di uno spazio sacro. Nella Torah, il focus è sulla costruzione del tabernacolo nel deserto mentre nella haftarah il focus è la costruzione del tempio di re Salomone a Gerusalemme.

Molte delle porzioni di haftarah di cui ho scritto sono parole pronunciate dai profeti…coloro che condividono con noi visioni ispirate da Dio.  Entrambe le porzioni di Torah e haftarah si focalizzano su una versione diversa di qualcuno ispirato da Dio, un artista. Quando Mosè inizia la costruzione del tabernacolo, Dio sceglie Bezaleel e Ooliab che vengono riempiti con “lo spirito di Dio, con la saggezza, la comprensione, la conoscenza e con molteplici tipi di capacità per creare cose artistiche…” Dio dona anche saggezza speciale a Salomone, nella nostra haftarah, insieme all’artigiano Hiram quando questi si preparano a costruire il tempio a Gerusalemme. 

Persone sacre sono coloro che sono ispirate da Dio,  profeti che esprimono la parola di Dio, sacerdoti che servono Dio nel tempio, ed anche rabbini che insegnano la parola di Dio. Detto questo, apprendiamo dalla nostra porzione che gli artisti e gli artigiani sono impregnati con un dono speciale di Dio. I nostri testi riconoscono che gli artisti sono dotati di spirito, abilità, e conoscenza. L’ebraismo riconosce e celebra i loro talenti unici e li vede come sacri.

Proprio come Dio creò il mondo e vide che era cosa buona, lo benedì e lo dichiarò sacro, cosi Dio vede le realizzazioni dei progetti nella Torah e nella haftarah e le descrive come cose buone, le benedice e le considera come sacre. In un eco della storia della creazione, la nostra haftarah riconosce che gli artisti, con il loro lavoro ispirato, creano nuovi mondi. Proprio come troviamo ispirazione e sacralità quando ci troviamo qui a Beth Shalom, cosi possiamo anche trovare non solo ispirazione ma anche sacralità quando ascoltiamo della bella musica, leggiamo belle parole e osserviamo della bella arte.

Cosa facciamo quindi noi ebrei durante un’esperienza sacra? Recitiamo una benedizione. Che ognuno di voi abbia l’opportunità di recitare questa benedizione!

 בָּרוּךְ אַתָּה ה' אֱלֹהֵינוּ מֶלֶךְ הָעוֹלָם שֶׁכָּכָה בְּעוֹלָמוֹ

Barukh atah Adonay Eloheynu me lekh ha-olam she-kacha lo b'olamo.

 Che tu sia benedetto, nostro Dio, Sovrano dell’universo, dove hai creato tante belle cose.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Ki Tissa – Exodus 30:11-34:35 – 18 febbraio 2022

Riassunto:

La nostra porzione di Torah di questa settimana è piena d’azione! Si apre con il censimento degli israeliti da parte di Mosè e la raccolta di mezzo shekel a persona. Dio poi dice a Mosè di costruire un bacino d’acqua e di preparare l’olio dell'unzione e l’incenso per l’ordinazione dei sacerdoti. Viene poi dato il compito di creare oggetti per i preti ed il tabernacolo a Bezalel and Oholiab, due esperti artigiani. Agli israeliti viene ordinato di mantenere lo Shabbat come segno del loro patto con Dio. Dio consegna poi le tavole del patto a Mosè. In seguito gli israeliti chiedono ad Aronne di forgiare un vitello d’oro. Mosè implora Dio di non distruggere il popolo d’Israele e finisce per rompere le due tavole del patto su cui sono scritti i dieci comandamenti una volta visto il vitello d’oro. Dio punisce gli israeliti con una piaga. Mosè poi torna in cima al monte Sinai con due tavole intonse e rimane li per altri 40 giorni in modo che Dio possa nuovamente scrivere i dieci comandamenti. Vengono poi rivelate altre leggi, tra cui quella di osservare le feste pellegrine. La porzione di conclude con la discesa di Mosè dal Sinai con un’espressione radiosa sul volto.

Insegnamento della nostra Haftarah – 1 Re 18:1-39

Nella nostra porzione di Torah, il popolo si ribella nella costruzione e venerazione del vitello d’oro. Nella nostra porzione di Haftarah , il profeta Elia si scontra con un culto straniero in seguito alla presenza di sacerdoti di Baal, insediatisi sul territorio tramite la regina Gezabele. Sia la porzione di Torah che quella di Haftarah contengono un’accusa di idolatria, che non si concluse con la distruzione del vitello d’oro ma che è continuata nel corso della storia. Entrambe le porzioni servono a ricordare la presenza e della forza di Dio, anche in quei momenti in cui Dio sembra assente.

La nostra Haftarah racconta la storia del grande profeta Elia, che compare senza alcuna introduzione. Il misticismo che circonda questo personaggio è sottolineato dalle sue comparse e scomparse improvvise nel corso dei testi. Elia è il protagonista di diverse leggende descrivono le sue meravigliose imprese ed i suoi miracoli. Nonostante il Talmud cerchi di minimizzare questo misticismo, quando si presentano domande legali difficili spesso la risposta viene data da Elia!

L’attenzione su Elijah continua anche oggi, quando festeggiamo un Brit Milah. Mettiamo da parte una sedia per Elia come simbolo di speranza per il futuro. Ogni settimana, durante lo Havdalah , invitiamo Elia ad unirsi a noi nella speranza che la settimana successiva porti maggiore fortuna. E poi ovviamente, durante il Seder di Pesach, mettiamo da parte un bicchiere per Elia. Lo invitiamo ad unirsi a noi nei festeggiamenti, simboleggiando la speranza di un futuro libero per tutti.

Nonostante la sua grandezza ed il grande ruolo che ha nella nostra storia, Elia viene sempre descritto come un cittadino comune. Sappiamo che si vestiva con abiti semplici, anche quando si trovava in presenza di reali. Veniva dalla periferia sociale e costituisce una voce per il forestiero e per il perseguitato. Sarà il profeta Elia ad annunciare la venuta dell’era messianica, una volta che il mondo sarà perfezionato.

Elia funge da lume di speranza per noi, proprio come lo era nell’antichità. Quando ci disperiamo per lo stato attuale del mondo, e quando sentiamo che Dio è assente dalla nostra vita, possiamo ricordarci che Elia continua a farci visita, ad ogni Brit Milah, ad ogni Seder, ed ogni settimana durante il Havdalah, un simbolo di speranza per il futuro.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Tetzaveh - Esodo 27:20−30:10: – 11 Febbraio 2022

Riassunto:
Nella nostra parasha di questa settimana, ai figli d'Israele viene ordinate di portare olio d'oliva puro per la ner tamid "una luce che brucia costantemente” sopra il santuario. In seguito, Aronne ed i suoi figli, Nadab, Abiu, Eleazaro e Itamar, vengono indicati per il ruolo di sacerdoti.

Dio ordina a Mosè di preparare delle vesti speciali per i sacerdoti. Aronne ed i suoi figli vengono ordinati sacerdoti durante una cerimonia che dura sette giorni. La parasha si conclude con Aronne che riceve l'ordine di bruciare incenso su un altare di acacia, ogni mattina ed ogni sera. 

Insegnamento della nostra Haftarah – Ezekiel 43:10-27:

Lo sapevate che la vostra tavola ha un significato religioso? Lo sapevate che la vostra casa è importante tanto quanto l'antico tempio di Gerusalemme? Secondo il commento alla nostra haftarah di questa settimana, la vostra tavola e la vostra casa hanno il potenziale per diventare luoghi molto religiosi! 

Nel 587 a.C. Gerusalemme fu distrutta ed il tempio fu bruciato. Insieme alla distruzione della città, quasi tutta la popolazione fu deportata in Babilonia. E’ in questo momento di distruzione e di esilio che il profeta Ezechiele offre parole di conforto. Il momento saliente della sua profezia è il ritorno a Gerusalemme e la ricostruzione del tempio. Gran parte di questa breve haftarah si sofferma sui dettagli della costruzione dell’altare sacrificale del tempio e della sua consacrazione.

La centralità dell’altare indica la sua importanza per l'ebraismo di allora. Invece di pregare,  la gente collegava cielo e terra tramite una funzione sacrificale. Il popolo dipendeva dai sacerdoti del tempio, senza i quali non poteva offrire sacrifici a Dio 

Le generazioni successive, anche esse in esilio e senza un tempio in cui offrire sacrifici, tornavano alla visione di Ezechiele. Nel commento presente nel midrash, ci viene insegnato che quando la nazione ebraica si trova in esilio, il preparare un piano per un tempio veniva considerato come se si stesse costruendo il tempio stesso. Va notato che Ezechiele si riferisce all’altare come ad un “tavolo”,  il Talmud ci insegna che quando il tempio fu distrutto, il tavolo di casa aveva lo stesso potere del tempio stesso. Nella Mishnah di Pirke Avot, leggiamo che quando tre persone si siedono insieme attorno ad un tavolo e parlano di Torah, è come “se mangiassero dal tavolo con la presenza di Dio".

Ogni venerdì sera, quando accendete le candele di Shabbat. Ogni volta che recitate una benedizione in casa. Ogni volta che vi ritagliate un momento per studiare la Torah (o leggete questo blog), trasformate la vostra tavola e la vostra casa in un luogo sacro– sacro tanto quanto il tempio dell'antica Gerusalemme! 

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor