Parasha Terumah - Esodo 25:1−27:19:– 4 Febbraio 2022

Riassunto:

Nella nostra porzione di questa settimana,  Dio chiede ai figli di Israele di donare oggetti (t'rumah) per la costruzione  del tabernacolo in modo che Dio possa “vivere in mezza a loro.”  Vengono date istruzioni per la costruzione dell'arca, il tavolo e la menorah. Vengono inoltre date istruzioni dettagliate su come costruire il tabernacolo.  

Insegnamento della Haftarah – 1 Re 5:26-6:13

Entrambe le nostre porzioni di Torah e haftarah di questa settimana trattano il tema di creare uno spazio sacro.  La parasha si concentra sulla costruzione del tabernacolo nel deserto mentre la nostra haftarah ci dà le precondizioni legali che vanno soddisfatte prima che possa essere costruito il tempio di Salomone a Gerusalemme. 

Da bambino, la sinagoga presso cui lavorava mio padre a San Diego stava cercando un nuovo luogo sacro. Durante la mia esperienza di rabbino a Tarzana, costruimmo un nuovo edificio per la nostra sinagoga. In entrambi i casi imparai che i piani architettonici la dicevano lunga sulla santità di un edificio e la sua comunità. 

Nel leggere la nostra porzione di Torah, ci viene detto che il popolo dona oggetti di propria sponte per la costruzione del tabernacolo. Leggiamo che l'obiettivo finale era creare un luogo spirituale- un luogo in cui Dio potesse vivere in mezzo al popolo. Nella nostra porzione di haftarah invece, l'obiettivo del progetto cambia . Vi è una precondizione legale che va soddisfatta da Salomone prima che possa costruire il tempio. Dio vivrà in mezzo al popolo “solo se seguirai la mia legge ed osserverai le mie regole, tenendo fede ai miei comandamenti.” Solo allora Dio manterrà la promessa fatta a Davide, padre di Salomone, ovvero che Dio vivrà in mezzo al popolo d’Israele. Nella nostra porzione di Torah, le istruzioni architettoniche non sono accompagnate da nessuna regola particolare da seguire. Il nostro testo infatti ci dice che le istruzioni architettoniche verranno date solo se il popolo tiene fede al patto con Dio.

Entrambe le porzioni di Torah e haftarah  ci spiegano l'importanza di uno spazio sacro. Nella Torah lo spazio è portatile. E’ uno spazio in cui Dio può vivere, quando decide di farlo. Mentre nella haftarah, lo spazio è stabile, una dimora fissa per Dio in cui vivrà in base al comportamento del popolo. 

La planimetria per i due luoghi è assai diversa. Il tabernacolo è un luogo del cuore, un luogo spirituale in cui Dio ed il popolo hanno l’opportunità d’incontrarsi. Il tempio di Gerusalemme è meno mistico e più permanente. E’ un luogo in cui Dio ed il popolo s’incontrano quando il popolo se lo merita in base a come si comporta. 

Queste due strutture appaiono opposte. Eppure quando leggiamo sia la parasha che la haftarah , impariamo che non dobbiamo necessariamente scegliere l'uno o l'altro, lo spirituale o il permanente. Possiamo invece cercare Dio in entrambi gli aspetti della nostra vita. Possiamo trovare Dio nei nostri cuori nel corso di un’esperienza spirituale, e possiamo anche trovarlo in luoghi fisici, in come agiamo e nella nostra vita.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Mishpatim - Exodus 21:1−24:18:– 28 Gennaio 2022

Riassunto:

Dopo il dono dei 10 comandamenti, la nostra porzione inizia presentando leggi interpersonali, che spaziano dal trattamento degli schiavi al mostrare gentilezza verso gli stranieri. Queste vengono poi seguite da una serie di leggi culturali, tra queste il comandamento di osservare l’anno sabbatico, una ripetizione dell’ingiunzione sabbatica, la prima menzione delle tre feste pellegrine,  regole sui sacrifici ed il divieto di bollire un capretto nel latte di sua madre.  La porzione si conclude con l’assenso da parte del popolo per quanto riguarda il patto con Dio. Mosè, Aronne, Nadab, Abiu e sette saggi d’Israele scalano la montagna e vedono Dio. Una volta scesi, Mosè torna in cima alla montagna e rimane li per quaranta giorni.

Insegnamento della nostra Haftarah – Geremia 34:8-22 e 33:25-26:

Possiamo fare baratto con Dio?  Probabilmente lo abbiamo già fatto in passato. Se prendo un bel voto a scuola prometto di studiare in futuro! Se il mio caro si riprende dalla sua malattia sarò una persona migliore. Quante volte, qualora la nostra richiesta venga soddisfatta, manteniamo la nostra promessa?

Questo è esattamente cosa succede nella nostra haftarah questa settimana.  In un momento di grande pericolo per il popolo israelita (l'assedio di Gerusalemme da parte dei babilonesi) la classe abbiente promette di liberare i propri schiavi. Terminato e fallito l'assedio, sentendo che il pericolo è passato, la classe abbiente israelita ritorna alle usanze precedenti, rendendo nuovamente schiavi i propri servi. Successivamente i babilonesi ritornano e conquistano la città, distruggendo il tempio.

Secondo Geremia, quando la società mise a tacere la voce della moralità venne messo a repentaglio il futuro della nazione. Geremia credeva profondamente che Dio ed Israele avessero un ruolo storico congiunto. Israele non prospera quando fa promesse vane ma quando rispetta la legge divina. Presso il Monte Sinai Mosè diede una scelta al popolo. Rispettare la legge divina e prosperare o contravvenire alla volontà divina e soffrire.

Piuttosto che concentrarsi sulla vana promessa fatta dal popolo nella nostra porzione di haftarah – una promessa che portò ad un atto finale di distruzione- la haftarah si conclude con una promessa speranzosa.  Dio promette che l’alleanza con il popolo d’Israele durerà e che le fortune perse saranno restituite con amore alla nazione d'Israele.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Ietro - Esodo 18:1–20:23 – 21 Gennaio 2022

Riassunto:

Nella nostra porzione di questa settimana Ietro porta sua figlia Sefora ed i figli di questa, Gherson e Eliezer, a trovare il suocero Mosè. Mosè segue il consiglio di Ietro ed elegge dei giudici per aiutarlo a condurre il popolo d’Israele. Più avanti nella porzione, i figli d'Israele si accampano davanti al Monte Sinai. Dopo aver sentito le parole del patto gli israeliti rispondono: "Tutto ciò che Dio ha detto, noi faremo".

Dopo tre giorni di preparativi, gli israeliti incontrano Dio presso il Monte Sinai. Dio dona loro i dieci comandamenti in forma orale. Terrorizzati, i figli d'Israele chiedono a Mosè di fungere da intermediario tra loro e Dio. Mosè dice al popolo di non avere timore.

Insegnamento dalla nostra Haftarah – Isaia 6:1-7:6 and 9:5-6:

Proprio come la nostra porzione di Torah si concentra sulla rivelazione fatta a Mosè presso il Sinai, così anche la nostra haftarah si concentra su una rivelazione, questa volta si tratta della rivelazione di Dio al profeta Isaia. Come parte della rivelazione a Isaia, conscio della difficoltà di trasmettere la parola di Dio a coloro che si rifiutano di ascoltarla, Dio promette a Isaia il suo sostegno e gli dice di non avere timore.

Nella nostra porzione di Torah di questa settimana, oltre alla rivelazione di leggi e comandamenti, al popolo vengono dati i principi della giustizia. La haftarah riprende questi temi. Dio rivela ad Isaia le istruzioni su come vivere secondo la sua legge. Ci vengono così presentati i due estremi di una situazione che evolve nel tempo. Da un estremo leggiamo del passato, quando l'evento del patto stesso venne rivelato.  Questo viene seguito da una visione di un regno messianico futuro. Ciò che inizia con  Mosè nel passato, si conclude per Isaia con una visione del futuro.

In quanto profeta, il ruolo di Isaia è quello di ricordare al popolo che esso sta fallendo nel proprio ruolo di regno di sacerdoti e di nazione sacra. Non sta vivendo secondo il patto. Agisce in maniera impura. Ciò nonostante, la promessa di un futuro persiste.

Isaia è l'erede del messaggio di Mosè. Le sue parole ricordano al popolo del loro patto storico, del loro fallimento nel vivere secondo le parole antiche, e del loro obbligo di portare in vita le suddette parole antiche. La domanda che pone Isaia rappresenta una sfida anche per noi: Abbiamo le capacità di diventare la nazione sacra descritta da Mosè presso il Monte Sinai? Possiamo essere noi il popolo che porterà alla luce l’era messianica?

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha B’shalach - Esodo 13:17−17:16– 14 Gennaio 2022

Riassunto:

Nella nostra porzione di Torah di questa settimana i figli d'Israele fuggono attraverso il Mar Rosso, che per loro si separa, mentre il faraone ed il suo esercito vengono annegati da Dio.

Mosé e gli israeliti intonano una canzone lodando Adonai. Nella natura selvaggia, Dio provvede per i lamentosi israeliti con quaglie e manna. Dio poi ordina gli israeliti di raccogliere e preparare cibo per Shabbat durante il sesto giorno. Il popolo continua a lamentarsi della mancanza di acqua. Mosé colpisce una roccia con il suo bastone facendovi sgorgare acqua. La porzione si conclude con la sconfitta di Amalek da parte di Israele. Dio giura di eliminare il ricordo di Amalek dal mondo.

Lezioni dalla nostra Haftarah: Giudici 4:4-5:31:

Entrambe le nostre porzioni di Torah e haftarah di questa settimana raccontano una storia simile. Entrambe si concentrano su una battaglia tra gli israeliti ed un loro nemico. Nella nostra porzione di Torah, gli Israeliti combattono contro gli egiziani. Nella nostra porzione di haftarah gli israeliti s’insediano nella terra promessa e combattono contro i canaaniti. Entrambe le vicende si concludono con una vittoria del popolo di Israele, che viene celebrata con un canto di ringraziamento e di lode a Dio per il successo.

La poesia nella nostra porzione di haftarah di questa settimana festeggia Giuditta, la quale viene eletta come capo militare-giudiziario del popolo ed è una delle cinque donne nella bibbia a cui viene riconosciuto il titolo di “profetessa”.

La storia raccontata nella nostra haftarah non è bella! Racconta di sangue e truculenza, battaglie militari e grandi vittorie. Nella nostra haftarah Debora viene lodata per aver ingannato le sue vittime tramite falsa gentilezza per poi ucciderle a sangue freddo.  Attraverso le sue azioni Israele fu salvata (almeno per il momento)

Nel leggere la poesia, ci viene ricordato che la Guerra è assai brutale. Nell’antichità-e purtroppo anche ai giorni nostri- i vinti vennero spesso uccisi, che fossero soldati o civili. Coloro a cui venne permesso di vivere finivano per sottostare al dominio dei vincitori, spesso come schiavi.

Questa storia antica ci insegna che moralità espressa col senno di poi è spesso arroganza- è facile insegnare la moralità storicamente a distanza. La Bibbia non nasconde le brutali realtà inerenti ai palazzi del controllo e del potere e alla vita quotidiana. Invece, tutto ciò viene mostrato con grande onestà e dettagliatamente, sfidandoci non solo a criticare la moralità di allora ma anche a valutare le nostre azioni e chiederci se siamo migliorati, se ci stiamo comportando meglio oggi.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Bo – Esodo 10:1−13:16– 7 Gennaio 2022

Riassunto:

Nella nostra porzione di Torah di questa settimana continua il racconto dell’esodo dall’Egitto. Dio manda piaghe di locuste e di oscurità sull’Egitto e avvisa Mosé dei dettagli dell’ultima piaga: la morte di ogni primogenito egiziano. Il faraone continua a negare il permesso agli israeliti di lasciare l’Egitto. Dio informa Mosé ed Aronne su come prepararsi per la festa di Pesach, per poi scagliare l’ultima piaga, uccidendo tutti i primogeniti nella terra d’Egitto ad eccezione di quelli appartenenti alla casa d’Israele. In seguito a questo il faraone finalmente dà il permesso agli israeliti di partire. Parlando con Mosé ed Aronne, Dio ripete loro i comandamenti riguardanti Pesach.

Insegnamenti della Haftarah – Geremia 46:13-28

Nella nostra Haftarah di settimana scorsa, sullo sfondo di uno storico attacco da parte dei babilonesi, il profeta Geremia prevede distruzione e desolazione per l'Egitto. Questo messaggio viene ripetuto anche questa settimana tramite una serie di profezie contro l'Egitto. Proprio come appare nella nostra porzione di Torah, anche nella nostra Haftarah il faraone viene sconfitto nuovamente.  In questo capitolo, come in tutti i capitoli successivi, Geremia critica le nazioni straniere.

E’ un tratto umano paragonarsi agli altri. Spesso, quando guardiamo gli altri, finiamo per conoscere meglio noi stessi. Per incoraggiare i propri figli, i genitori spesso fanno considerazioni su altri bambini : come disegnano, come si comportano bene, quanto sono silenziosi, quanto sono puliti! Ed anche ai bambini piace paragonarsi agli altri… perché i miei amici hanno più giocattoli, più vestiti, una macchina più bella?

Così anche nella nostra Haftarah il destino dell'Egitto viene paragonato a quello d'Israele. Gli israeliti si saranno guardati intorno chiedendosi perché andasse tutto così bene ai malvagi egiziani. Perché il loro impero era così forte, così ricco, così coronato da successi? Paragonandosi ad altre nazioni, gli israeliti si saranno chiesti perché gli altri se la passassero cosi bene.  

Geremia dà una risposta a questi quesiti tramite la visione storica di Dio, paragonando la distruzione dell’Egitto alla salvezza israelita. Il loro fallimento ed il nostro successo costituiscono il tema principale di questo testo.

 La nostra Haftarah inizia con la chiamata alle armi degli egiziani. Ciò nonostante, questo momento di forza porta ai soldati egiziani fallimento e terrore. Riprendendo la storia dell'esodo, proprio come la piaga di locuste presente nella nostra porzione di Torah, così anche nella nostra Haftarah, una moltitudine di eserciti stranieri si abbatterà sull'Egitto per divorarlo. Nella nostra porzione di Torah Dio promette di “punire gli dei d’Egitto.” Geremia riprende queste parole quando dice: “Dio giudicherà gli dei d’Egitto”.

La profezia di Geremia ci ricorda che Dio ha una visione più lunga della storia. Mentre la situazione attuale d'Israele non è di successo, Dio, attraverso Geremia, ricorda al popolo di non perdere la speranza. Il testo di Haftarah si conclude con un messaggio di speranza e di incoraggiamento per il popolo d’Israele. Dio incoraggia il popolo a superare la propria paura e perdita, assicurando loro che, proprio come nella Torah, egli sarà con loro, promettendo di liberarli dalla schiavitù.

Quando il popolo d'Israele si paragonò agli imperi circostanti ritenne di essere inferiore. Ciò nonostante, Geremia ricordò loro di avere fiducia, che non avrebbero avuto più problemi ed avrebbero invece avuto forza e tranquillità.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha – Shemot - Esodo 1:1−6:1 24 Dicembre 2021

Riassunto:

Questo Shabbat iniziamo un nuovo libro della Torah. La nostra storia si sposta dal concentrarsi sui racconti dei nostri antenati allo sviluppo del popolo d’Israele. La nostra porzione inizia con il nuovo re d'Egitto che trasforma gli ebrei in schiavi e ordina che tutti i loro figli maschi vengano affogati nel Nilo. Una donna levita colloca suo figlio, Mosé in una cesta sul Nilo dove viene trovato dalla figlia del faraone e viene quindi cresciuto nella sua casa. Anni dopo, Mosé fugge verso Midian dopo aver ucciso un egiziano. Più avanti, il racconto prosegue con il matrimonio tra Mosé e Sefora, la figlia di un sacerdote di Midian.  Dio poi parla con Mosé attraverso il roveto ardente e gli ordina di liberate gli israeliti dalla schiavitù egiziana. Mosé ed Aronne chiedono il permesso del faraone per poter celebrare una festività nella natura selvaggia. Il faraone rifiuta e rende la vita ancora più difficile per gli israeliti.  

Insegnamento della nostra Haftarah – Isaia 27:6-28:13; 29:22-23

Proprio come la nostra porzione di Torah si concentra sulla schiavitù del popolo d’Israele in Egitto e la loro susseguente liberazione da parte di Dio, anche la nostra Haftarah si concentra questa settimana sulla tristezza provata dal popolo d’Israele  e la promessa di libertà che va ancora mantenuta.

Alla nostra funzione di Shabbat qualche settimana fa, ci siamo soffermati su come gli autori della Torah utilizzino delle similitudini nella loro narrativa. Essi paragonarono il popolo d'Israele alla polvere. Nella nostra Haftarah di questa settimana, il profeta  Isaia fa largo uso di metafore e similitudini nel descrivere un futuro speranzoso per il popolo d’Israele in cui godranno di libertà e prosperità.  Isaia continua anche ad avvertire il popolo che potrebbe anche succedere l'opposto- il popolo subirà un declino ed una dispersione. Insomma una Haftarah che dipinge sia un quadro drammatico che di speranza. 

Isaia apre con un messaggio di speranza utilizzando immagini tratte dalla botanica. Il popolo affonderà le radici nel terreno dando luogo ad una forte e fiorente crescita. Eppure, secondo Isaia, potrebbe anche accadere l’opposto. Il popolo privo di fede verrà punito come un ramo strappato dalla possibilità di crescere. Il rientro dall'esilio per Israele potrebbe essere o come il grano raccolto ed unito oppure come dei fiori appassiti e schiacciati. 

Più avanti nella Haftarah, Isaia utilizza un’immagine completamente diversa. Egli descrive il cattivo comportamento del popolo che arreca cosi male a se stesso come degli alcolizzati ubriachi. Il popolo è goloso nel bere. Mente il cibo non era facilmente accessibile, ed il popolo mangiava poco, per contro il vino era abbondante e la gente ne abusava facilmente. Le immagini dell'eccesso e della stravaganza sono metafore per la corruzione delle classi più abbienti, i sacerdoti ed i profeti. Piuttosto che prendere i loro ruoli di leadership seriamente, godevano delle proprie ricchezze e dei loro vizi. Si dedicavano maggiormente al vino piuttosto che focalizzare su Dio e l’etica. La loro religione era il piacere ed il potere, invece della Torah e l’ebraismo. 

Gli scrittori amano usare la similitudine e la metafora in modo da creare immagini significative al lettore. Cosi fa anche Isaia nell’utilizzare immagini che tutti noi possiamo comprendere. Tramite le immagini di fiori e piante e di golosità e alcool, Isaia ci ricorda che troppo spesso ci soffermiamo più sul nostro piacere che riflettere su come le nostre azioni impattano sul nostro mondo. Il messaggio egregiamente creato da Isaia è che siamo gli autori della nostra caduta. Eppure, quando crediamo in Dio e seguiamo la sua parola, possiamo capire che la speranza per la nostra redenzione risiede anch’essa nelle nostre mani. 

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Vayechi - Genesi 47:28–50:26 – 17 Dicembre 2021

Riassunto:

La nostra porzione di questa settimana iniza con la benedizione di Efraim e Manasse da parte del loro nonno, Giacobbe. I dodici figli di Giacobbe poi si trovano attorno al suo letto di morte, ed ognuno di loro riceve una valutazione ed una previsione del proprio futuro da parte del padre. Giuseppe è in lutto per la morte del padre e lo fa imbalsamare. Giacobbe viene sepolto a Hebron nella grotta di Machpelah. Giuseppe rassicura i propri fratello che li ha perdonati e promette di prendersi cura di loro e delle loro famiglie. Poco prima di morire, Giuseppe dice ai suoi fratelli che Dio riporterà loro alla terra che fu promessa ai patriarchi. I figli d’Israele promettono a Giuseppe che porteranno le sue ossa con loro quando lasceranno l’Egitto. 

Insegnamento della nostra porzione di Haftarah – Primi Re 2:1-13

Un testamento etico è un qualcosa di cui parliamo quando parliamo di ciò che vogliamo lasciare quando non ci saremo più. Non si sta parlando di beni materiali, ma di valori. Nella nostra porzione di Torah, Giacobbe presenta le sue ultime volontà ai suoi figli. Nella nostra haftarah di questa settimana, Davide dà precise istruzioni a suo figlio Salomone, il quale gli succederà al trono.

Davide, conosciuto come un uomo timorato di Dio e uno scrittore di salmi, lascia il nostro mondo dopo aver lasciato un messaggio aspro e crudele a suo figlio che si focalizza su obiettivi religiosi e spirituali. L'ultimo discorso di Davide lo dipinge come un uomo credente e pio ma anche come un politico scaltro che sa che Salomone dovrà agire in maniera spietata per mantenere il trono.  Davide parla del bisogno di vendicarsi e ordina Salomone di assassinare i due rivali al trono. 

L'ultima richiesta di Giacobbe nella nostra porzione di Torah è di chiedere gentilmente ai suoi figli di seppellirlo nella sua terra natia, Canaan. Invece  Davide, ha una richiesta molto più complessa, ossia trasmette i suoi risentimenti personali a suo figlio. 

La nostra tradizione cerca di reinterpretare le ultime parole di Davide in maniera più generosa. Nel corso delle generazioni, i nostri commentatori interpretano le ultime parole di Davide non come un ordine ma come un avvertimento. Non si tratta quindi che Salomone debba uccidere i suoi rivali, ma piuttosto dovrebbe essere prudente nei loro confronti, se necessario. E’ interessante notare che quando la storia della morte di Davide viene raccontata nella Bibbia, nel libro delle cronache, non viene nemmeno menzionato il suo ultimo desiderio.

Lo storico romano, Flavio Giuseppe racconta di nuovo la storia della nostra Haftarah. Questi scrive che Davide disse “Figlio mio, sto per lasciare questo mondo per unirmi ai miei antenati. Sto per prendere la strada che tutti gli esseri umani devono prendere, che siano viventi o che devono nascere. Non vi è ritorno da quel luogo per vedere come procedono le cose nel mondo dei vivi. Ma visto che sono ancora vivo, nonostante la morte sia alle porte, ricordati ciò che ti ho detto prima : sii giusto verso i tuoi sudditi e fedele a Dio…” 

Come i nostri commentatori ed come il libro delle cronache, Flavio Giuseppe cerca di creare un testamento etico nel dipingere le ultime parole di Davide come qualcosa di edificante e che porti ispirazione.

Quali valori etici lasceremo ai nostri cari? Le nostre ultime parole saranno fatte di rabbia ed astio, oppure saranno personali, edificanti e che portano ispirazione? Sia Giacobbe che Davide fungono da modelli per noi. Che possiamo imparare dai loro esempi, sia nel bene che nel male, ed agire in modo da poter creare un testamento etico che come le nostre vite, possa ispirare altri a rendere il mondo un luogo migliore. 

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Vayigash - Genesi 44:18−47:27 - 10 Dicembre 2021

Riassunto:

Nella nostra porzione di questa settimana Giuda scongiura Giuseppe di liberare Beniamino, offrendosi come sostituto. A questo punto Giuseppe rivela la propria identità ai suoi fratelli e li perdona per averlo venduto come schiavo. Nonostante la carestia, il faraone invita la famiglia di Giuseppe a vivere dei frutti della terra. La notizia che Giuseppe è ancora vivo giunge a Giacobbe e con la benedizione di Dio, anche lui si dirige verso l’Egitto. Il faraone permette alla famiglia di Giuseppe di stabilirsi a Goshen. Con la continuazione della carestia, Giuseppe elabora un piano in cui gli egiziani barattano il loro bestiame e la loro terra in cambio di cibo. Gli israeliti prosperano in Egitto. 

Insegnamento dalla nostra porzione di  Haftarah – Ezechiele 37:15-28

E’ noto che i temi tratti dalla Torah vengano ampliati e trasformati dai profeti biblici. Nella nostra porzione di Torah leggiamo della riunione di Giuseppe con i suoi fratelli. Ezechiele trasforma questa narrazione da storia di una famiglia a storia nazionale, in cui le 10 tribù del nord si uniscono alle due tribù del sud.

Proprio come un buon insegnante utilizza elementi visivi nell’illustrare una lezione, cosi fà anche Ezechiele. Nella nostra haftarah, Ezechiele utilizza un’allegoria di due bastoni. Impugna due bastoni, uno per mano, per simboleggiare due entità separate e poi li unisce. Ezechiele dichiara che proprio come vengono uniti i due bastoni così Dio unirà il nostro popolo all'interno di una sola nazione forte ed unita. Il messaggio deve aver avuto grande risonanza per il popolo durante un periodo in cui era diviso e dominato dai babilonesi. 

Può darsi che i temi di unità e permanenza offerti da Ezechiele non si siano concretizzati durante la sua vita. Avrà immaginato un’unione tra il popolo e la terra ed un ritorno delle dodici tribù ad un regno unito: nessuna di queste cose si avverò. Eppure, all'interno della sua narrativa riecheggia una visione ed una speranza messianica. La promessa di Dio di unificare il nostro popolo e quindi creare un regno eterno fu “spiritualizzato” all'interno di un messaggio di un'unione eterna tra Dio ed il popolo ebraico. Attraverso bellissime immagini e parole drammatiche, la nostra haftarah instilla in noi la speranza in un futuro migliore in cui ritornare alla nostra terra e al nostro Dio

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Mikeitz:  Genesi 41:1−44:17 – 3 Dicembre 2021

Riassunto :

La nostra porzione di Torah inizia con l’interpretazione che Giuseppe dà di due sogni fatti dal faraone, con la quale prevede che ci saranno sette anni di prosperità seguiti da sette anni di carestia.

Il faraone dà a Giuseppe il ruolo di gestire la raccolta di cibo e la conseguente distribuzione di questo. 

Giuseppe si sposa con Asenath, e la loro unione porta alla nascita di due figli, Manasse ed Efraim.

Quando i fratelli di Giuseppe giungono in Egitto in cerca di cibo a causa della carestia, Giuseppe accusa loro di spionaggio.  Conseguentemente Simeone viene preso in ostaggio mentre gli altri fratelli tornano a Canaan per prendere Beniamino come pedina di scambio con Simeone. I fratelli poi tornano in Egitto con Beniamino e per avere altro cibo. Questa volta Giuseppe falsamente accusa Beniamino di aver rubato e ordina che Beniamino resti in Egitto come suo schiavo.  

Insegnamento della nostra porzione di Haftarah  – Primi Re 3:14-4:1

I sogni collegano la nostra porzione di Torah a quella di haftarah. Nel primo verso di haftarah, Re Salomone si desta da un sogno. Cosi come nella nostra porzione di Torah, leggiamo che anche il faraone si desta da un sogno. E come Giuseppe attribuisce a Dio la sua capacità di interpretare sogni cosi anche la saggezza di Salomone viene compresa come derivante da Dio. 

Salomone è il simbolo di re saggio e compassionevole. Quando Dio si manifesta a Salomone in sogno e gli chiede che dono vorrebbe, Salomone risponde non con una richiesta di cose materiali ma chiede di avere un cuore comprensivo.

Leggiamo di un’allegoria assai famosa nella nostra haftarah. Vi è una disputa fra due donne sulla paternità di un bambino. Entrambe sostengono di esserne la madre. Senza poter dimostrare a chi in realtà appartenga il bambino, esse si rivolgono a Re Salomone per un giudizio. In maniera saggia e provocataria, Salomone giunge alla verità. Richiede che gli venga portata una spada in modo da poter tagliare in due il bambino e quindi donare una metà alle due donne. La vera madre “urla disperata pietà per suo figlio” e scongiura Salomone di dare il bambino all’altra donna. Da questa reazione Salomone determina che la vera madre é colei che non vuole che sia arrecato nessun male al bambino. La porzione si conclude con il fatto che tutta Israele sa di questo episodio e rimane meravigliata dalla saggezza di Salomone.

Mentre il padre di Salomone, re Davide, è conosciuto come il re guerriero che espande il regno d’Israele tramite battaglie aggressive, Salomone è conosciuto come il re saggio e riflessivo che conserva il proprio regno con la pace. Nonostante sia lodato per la sua saggezza, non fu particolarmente amato dal popolo.  Anzi, vi fu grande risentimento per via delle sue numerose mogli e per la sua ostentata opulenza.

Saggio e compassionevole, opulento e sdegnato. Chiaramente Salomone era un personaggio complesso. Tre libri a lui attribuiti finiranno a far parte del canone della Bibbia (Il Cantico Dei Cantici, Proverbi e Kohelet). Nonostante i diversi aspetti del personaggio, la nostra haftarah oggi ci ricorda che Salomone fu conosciuto e premiato per la sua saggezza. Il suo più grande lascito fu il Tempio diGerusalemme. Dopotutto non fu Davide ma Salomone ad essere onorato da Dio e ad aver ricevuto il suo permesso di costruire il primo tempio a Gerusalemme.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Vayeshev: Genesi 37:1−40:23 – 26 Novembre 2021

Riassunto:

Nella nostra porzione di Torah di questa settimana inizia la famosa storia di Giuseppe. Viene mostrato il favoritismo di Giacobbe nei confronti di Giuseppe rispetto ai suoi fratelli, che genera risentimento da parte di questi. Giuseppe comincia ad avere dei veri e propri sogni di gloria. Più avanti nella porzione, dopo che i fratelli di Giuseppe sono andati a prendersi cura del loro pascolo a Shechem, Giacobbe chiede a Giuseppe di andare a trovarli. I fratelli tendono un agguato a Giuseppe ma decidono di non ucciderlo ma di venderlo come schiavo. Giacobbe crede Giuseppe morto dopo che gli viene mostrata la giacca colorato di suo figlio da parte dei suoi fratelli, che l'hanno intinta nel sangue di un capretto per far credere al padre che Giuseppe sia stato ucciso da una bestia feroce.  Dio è con Giuseppe in Egitto, fino al punto in cui Giuseppe viene messo in prigione dopo essere stato accusato di aver stuprato la moglie di Putifarre, suo padrone.

Insegnamento della nostra porzione di Haftarah– Amos 2:6-3:8

La nostra haftarah di questa settimana venne scelta perché come nella nostra porzione di Torah di questa settimana in cui Giuseppe, considerato  un uomo retto nel Talmud, viene venduto come schiavo da parte dei suoi  fratelli, anche nella nostra Haftarah leggiamo di un uomo retto che viene venduto come schiavo per dell'argento. I rabbini vedono un collegamento fra i due personaggi e presumono che Amos, l'autore di questa porzione di haftarah, stesse pensando alla storia di Giuseppe.

Nella nostra porzione di haftarah, Amos condanna il popolo d'Israele per le sue trasgressioni.  Egli era disgustato dal loro comportamento e si sentiva responsabile , in quanto profeta, di denunciare l'immoralità che lo circondava.

A quei tempi il popolo d'Israele era ricco e viveva nello sfarzo. I ricchi possedevano case estive ed invernali arredate con mobili e tessuti pregiati. Vi era una grande abbondanza di vino e cibo e questi si ungevano con oli preziosi.  Eppure vi era anche una tremenda assenza di giustizia. I poveri venivano sfruttati e anche venduti come schiavi. I giudici erano corrotti e tutto ciò fece infuriare Amos.

Vi sono coloro che dicono che secondo Amos la religione doveva fungere da giustizia sociale. Chiaramente, per Amos l’osservanza religiosa diventa scandalosa quando non porta ad uno stile di vita retto. La giustizia sociale giocava un ruolo assai importante nella visione del mondo di Amos. Detto questo, la sua enfasi sulla giustizia sociale non era fatta a spese della religiosità.  Secondo Amos, Dio è alla base di tutto il creato, ed è Dio che ci da dei comandamenti e pretende che noi viviamo secondo essi. Ricordiamo Dio tramite la preghiera ed il rito ma allo stesso tempo dobbiamo vivere secondo le linee guida etiche che ci sono state date. Pur se la religione è rito e preghiera, essa priva di etica è vacua.

Seguendo le orme del profeta Amos, l’ebraismo Reform spesso enfatizza i comandamenti etici. Inoltre, come Amos, l’ebraismo Reform non si è scordato dei comandamenti sacri. Insieme alla giustizia sociale, ricordiamo che la spiritualità è intrinseca al nostro ebraismo. E’ il desiderio di Dio che noi ci prendiamo cura della gente bisognosa e meno fortunata.

Il messaggio finale di Amos è di speranza. Nonostante la varietà e vastità delle nostre trasgressioni, Dio non abbandonerà il suo popolo.  Il messaggio di Amos ha significato anche per noi oggi. In un mondo di abbondanza, non possiamo dimenticarci del messaggio di Dio di prenderci cura dei bisognosi. Amos ci ricorda che possiamo cambiare, e che quando cambiamo Dio ci perdonerà.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Vayishlach:  Genesi 32:4−36:43 19 Novembre 2021

Riassunto:

La nostra porzione di Torah di questa settimana si apre con Giacobbe pronto ad incontrare Esaù.  Giacobbe lotta con un angelo con le sembianze di un uomo, questi gli cambia il nome da Giacobbe ad Israele. Giacobbe ed Esaù hanno il loro incontro per poi andarsene ognuno per la propria strada in modo pacifico. Più avanti, Dina, figlia di Giacobbe, viene stuprata da Sichem, figlio di Camor l’Eveo, capo della città chiamata Sichem. I figli di Giacobbe, Simeone e Levi, si vendicano uccidendo tutti gli uomini della città. Gli altri figli di Giacobbe si uniscono a Simeone e Levi nel sacco della città. Rachele muore dopo aver partorito Beniamino e viene sepolta ad Ephraim, che oggi conosciamo col nome di Betlemme. Isacco muore e viene sepolto ad Hebron. 

Insegnamento dalla nostra porzione di Haftarah– Osea 11:7-12:12

La nostra porzione di Torah di questa settimana si concentra sulla storia di Giacobbe. Ci narra di come il nome Giacobbe venga cambiato in quello di Israele - in seguito ad una lotta con un angelo. Nella nostra porzione di  Haftarah, il profeta Osea collega la storia di Giacobbe alla storia del popolo d’Israele. 

La nostra Haftarah ci indica i momenti salienti della vita di Giacobbe. Dapprima ci viene ricordato che già quando era ancora nel ventre di sua madre Rebecca, Giacobbe tenesse stretto il tallone del suo gemello Esaù, per evitare che questi nascesse per primo. Giacobbe viene quindi indicato come uno “stringi talloni”. Inoltre, da adulto, come leggiamo nella nostra porzione di Torah, Giacobbe lotta con un angelo e viene poi chiamato col nome di Israele - il soldato di Dio. Infine, leggiamo della visione che Giacobbe ha di Dio, quando sta fuggendo da suo fratello Esaù. Questo porta Giacobbe a liberarsi di tutti gli idoli presenti in casa sua. In seguito a questa sua visione Giacobbe costruisce un altare a Dio a Beth-El-

Leggendo questi tre punti salienti della vita di Giacobbe, ci viene ricordato il passaggio dall’essere un giovane intrigante ad essere prima un uomo combattivo ed infine una persona matura degna della benedizione di suo padre. Giacobbe lotta contro i suoi istinti più infimi e li supera. Si libera dei suoi idoli e dedica il resto della sua vita al servizio di Dio.

Nella nostra Haftarah, Osea ricorda qualcosa che è familiare a noi lettori della Torah. Il suo obiettivo è di ricordare a chi lo ascolta che anche essi sono Israele. Il loro nome li collega al passato e li sfida a creare un futuro migliore. Se, come Giacobbe, essi cresceranno tornando a Dio i loro peccati pregressi verranno perdonati. Se invece non effettueranno questo cambiamento, sarà certa la punizione divina nei loro confronti.

Il popolo d’Israele non ascoltò le parole di Osea. Gli assiri conquistarono il paese nel 721 AC, esiliarono i capi tribù e occuparono le loro terre con popoli stranieri. Le dieci tribù scomparvero per sempre. Oggigiorno abbiamo deciso di chiamare Israele il nostro Stato attuale. Che noi si possa ascoltare le parole di Osea di crescita e maturità, così da evitare il destino dei nostri antenati!

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Vayetzei:  Genesi 28:10−32:3 – 12 Novembre 2021

Riassunto:

La nostra porzione inizia con la bellissima storia del sogno di Giacobbe, in cui egli vede degli angeli che salgono e scendono da una scala. Dio benedice Giacobbe, il quale chiama Bethel il luogo in cui è avvenuto il sogno. Più avanti nella porzione, Giacobbe lavora per sette anni in modo da poter sposare Rachele, ma Laban, il padre di quest'ultima, inganna Giacobbe facendogli sposare Leah, sorella maggiore di Rachele. Finalmente Giacobbe riesce a sposare Rachele ma solo dopo aver promesso di lavorare altri sette anni per Laban. Leah, Rachele, e le loro serve Bilhah e Zilpah,  partoriscono undici figli ed una figlia. Quindi Giacobbe e la sua famiglia lasciano la casa di Laban con grandi ricchezze. 

 Lezione della porzione di Haftarah – Osea 12:13-14:10

A volte il nesso tra la porzione di Torah e quella di Haftarah è tenue ed è questo il caso di questa settimana. La porzione di Torah ci racconta del periodo in cui Giacobbe visse ad Aram. Anche i primi due versi della nostra porzione di Haftarah parlano di questo momento.  A parte questi primi due versi, la Haftarah rappresenta una profezia che ha poco a che fare con la storia di Giacobbe.  

La profezia di Osea ci suonerà famigliare, dato che occupa gran parte della Haftarah che leggiamo durante Shabbat Shuvah – lo Shabbat tra Rosh Hashanah e Yom Kippur.  La tematica di questa profezia è assai prevedibile. Inizia con la descrizione dei peccati del popolo d’Israele di come questi peccati mettano a rischio il nostro rapporto con Dio. La porzione poi continua con un avvertimento da parte di Dio: a causa del peso di questi peccati e della natura impenitente dell'uomo la distruzione è prossima. Infine, abbiamo un messaggio di speranza e di compassione, in cui Dio ricorda al popolo che una nazione penitente avrà il Suo favore. 

Quando leggiamo questa Haftarah durante Shabbat Shuva, viene enfatizzato l’insegnamento che ognuno di noi ha il potere del pentimento. La parola Teshuvah/Shuva significa voltarsi o ritornare. Ognuno di noi ha il potere di voltare le spalle al male e quindi tornare al bene. Abbiamo il potere di tornare sulla via del bene e quindi alla versione migliore di noi stessi. 

Detto questo, secondo il profeta Osea nella nostra Haftarah, il concetto di teshuvah individuale – di penitenza -, era sconosciuto. Osea visse durante l'ottavo secolo BC. Furono i rabbini dopo il 250 AC  (più di mille anni fa) a dare il significato di cambiamento individuale alla parola Teshuvah.

Il messaggio di Osea e degli altri profeti era diretto a tutto il popolo d'Israele, in quanto collettivo o nazione. Essi esortarono Israele in quanto popolo a girarsi verso Dio in modo che la nazione stessa potesse continuare a vivere. Secondo Osea, teshuvah era un processo collettivo. Per quei rabbini che vissero in un periodo storico in cui lo stato-nazione non esisteva più Teshuva divenne un processo personale. 

Il messaggio di Osea era diretto ai capi del popolo. Questi avevano la responsabilità di migliorare il proprio comportamento e quello del popolo in generale. Solo una volta che l’intera nazione fosse tornata sulla via del bene il popolo sarebbe stato risparmiato dalla distruzione. Osea si preoccupava dello stato di tutti, dato che le azioni malvagie della nazione avrebbero portato alla fine di tutto.

Questo antico concetto di comunità è applicabile anche a noi oggi. Nelle società democratiche, ogni cittadino ha la responsabilità di prendere decisioni che si rifletteranno sulla comunità in generale, il che è lo stesso concetto biblico che troviamo con Osea. In una democrazia, tutti noi abbiamo il potere e la responsabilità del portare lo stato-nazione sulla retta via.  In quanto individui, ognuno di noi può influire su tutta la nazione. Abbiamo la responsabilità di fare sì che la società abbandoni il male e che si volga verso il bene. Abbiamo il potere di plasmare il destino dell'intera nazione.

Così ci dicono le parole di Osea. Ci ricordano le discordanze della nostra società e ci indicano le conseguenze che ci aspettano se falliamo. Anche se ora  teshuvah – rimane un atto personale e spirituale, Osea ci ricorda che in quanto cittadini attivi, teshuvah ha conseguenza anche a livello nazionale.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Toldot:  Genesi 25:19−28:9 – 5 Novembre 2021

Riassunto:

Nella nostra porzione di questa settimana, Rebecca dà alla luce due gemelli, Esaù e Giacobbe. Esaù scambia la sua primogenitura con Giacobbe per un piatto di stufato. In un'immagine che si ripete nel corso della Torah, il re Abimelech viene convinto che Rebecca è sorella di Isacco per poi scoprire che in realtà è sua moglie. In fin di vita, Isacco si prepara a benedire Esaù, il suo primogenito. Rebecca e Giacobbe ingannano Isacco così che sia Giacobbe a riceverne la benedizione. Esaù minaccia di uccidere Giacobbe e quest'ultimo finisce per darsi alla fuga verso Harran.

Insegnamento della nostra porzione di Haftarah:

Nella nostra porzione di Torah leggiamo del rapporto competitivo e distruttivo tra Esaù e Giacobbe, la cui lotta ha inizio nel ventre della loro madre. La nostra porzione di Haftarah inizia con una rivisitazione dell’odio tra i due fratelli. Negli scritti e nella storia ebraica, Giacobbe fa riferimento al popolo d’Israele mentre Esaù fa riferimento  ai popoli non ebraici, pagani ed anche agli antichi romani.

Nonostante si sappia poco per ciò che riguarda il suo punto di vista sull’arringa contro il popolo ebraico ed i loro sacerdoti, il profeta Malachia si esprime in modo allarmante. Secondo Malachia, Dio è il Signore anche per le nazioni non ebraiche; tutti i sacrifici pagani sono quindi fatti al Dio d'Israele. Con questa dichiarazione, Malachia aggiunge una nuova dimensione pluralista alla religione, una su cui contiamo tantissimo oggi.

Nell’insinuare che Dio accetta i sacrifici di tutti i popoli che venerano in sincerità, anche se pagani, Malachia espande il concetto di religione. Piuttosto che dire “il mio dio è migliore del tuo”, il profeta ci insegna che Adonai ascolta le preghiere sincere di tutti i popoli, anche se le preghiere di questi non sono dirette ad Adonai stesso.

Questa visione speranzosa era di pagani che avevano un pantheon di divinità a cui si aggiungeva l’Eterno. Malachia comprese che quando i pagani pregano con sincerità, essi riconoscono un potere che va oltre loro stessi. La loro venerazione è in realtà la ricerca di Dio. Malachia immaginava un tempo in cui i pagani avrebbero abbandonato le loro divinità ed avrebbero riconosciuto l’Eterno come l'unico e solo Dio. La sua dichiarazione attribuisce rispetto e deferenza piuttosto che odio e disprezzo verso coloro che venerano altre divinità.

Non è necessario che Giacobbe ed Esaù -Israele e Roma- siano eternamente in conflitto. Diversi secoli dopo, i rabbini del Talmud presero questo insegnamento a cuore quando scrissero : “Le persone rette di tutte le nazioni hanno diritto di accedere al mondo che verrà”. Malachia è una voce importante per ciò che oggi chiameremmo pluralismo- ovvero la comprensione dell'ebraismo come una di tante vie verso la salvezza.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Chayei Sara: Genesis 23:1−25:18 – 29 Ottobre 2021

Riassunto:

Nella nostra porzione di Torah di questa settimana, Abramo compra la caverna di Machpelah per poter seppellire sua moglie, Sara. Abramo poi manda un suo servo a trovare una sposa per Isacco. Il servo incontra Rebecca che mostra grande gentilezza nei suoi confronti nell'offrire di raccogliere acqua dal pozzo per lui e per i suoi cammelli.  Il servo poi conosce la famiglia di Rebecca e poi porta quest’ultima da Isacco, il quale la sposa. Anche Abramo si sposa di nuovo con Keturà. Giunto all'età di centosettantacinque anni, Abramo muore e i suoi figli Isacco ed Ismaele lo seppelliscono nella caverna di Machpelah. (25:1-11)

Insegnamento della nostra porzione di Haftarah:

In un testo che potrebbe ricordare una storia Shakespeariana, la nostra Haftarah è piena di complotti ed intrighi.  Il re Davide è anziano e debole. Il future del suo trono è incerto. Davide sta avendo grandi difficoltà nel cercare di eludere i complotti dei suoi consiglieri e dei suoi figli. Adonia, figlio di Davide vuole diventare re, mentre i consiglieri del re caldeggiano Salomone.

Nella nostra porzione di Torah di questa settimana, anche Abramo come Davide è ormai anziano e debole. Entrambe le porzioni di Torah e di Haftarah  raccontano di un leader ormai anziano e preoccupato dal proprio lascito e dal futuro.

Eppure le storie sono assai diverse! 

Abramo giunge all’anzianità  moralmente e religiosamente integerrimo. Dopo aver acquistato una tomba di famiglia ed aver seppellito Sara, chiede ai suoi servi di giurare di trovare una moglie per suo figlio Isacco che provenga dalla sua tribù, la tribù di Abramo. Facendo questa richiesta, Abramo dimostra la propria preoccupazione per il futuro morale e la direzione della propria tribù. Abramo era attivamente coinvolto nel creare un futuro che avrebbe portato avanti le tradizioni del passato. Proprio come Abramo fu benedetto con tutto, cosi passa questa benedizione di un futuro con radici nel passato ad Isacco. Rendendo chiare le proprie volontà, Abramo elimina qualsiasi tipo di conteso per ciò che riguarda il futuro e anche dopo essere morto, fa si che la nuova generazione si focalizzerà su ciò che possono creare.  Così facendo, Abramo muore anziano e contento. Nel morire, Abramo ci insegna che possiamo mantenere un equilibrio sia per ciò che riguarda la nostra natura fisica che quella spirituale.

La storia di Davide è assai diversa. La sua morte è una catastrofe che trova le proprie radici nella sua mancanza di visione. La storia di Davide si concentra sulla sua infermità fisica e non sulla sua visione morale. A causa di una mancanza di una forte leadership da parte di Davide,  i suoi discendenti complottano in modo da poter assicurarsi una posizione di rilievo, mostrando grande egoismo e mancanza di interesse per ciò che riguarda il regno ed il suo popolo. Mentre i suoi discendenti complottano, il coinvolgimento di Davide è minimo. Quest'ultimo sembra rimpiangere il fatto che il suo potere stia diminuendo. Da grande manipolatore  egli finisce per essere manipolato.

Prima di morire, Davide riesce a trasmettere a Salomone una lezione morale che riguarda il future del suo popolo piuttosto che concentrarsi sul potere proprio. Davide dice a Salomone di osservare le regole della Torah, in modo che le promesse di Dio vengano mantenute. Allo stesso tempo, Davide ordina Salomone di uccidere il soldato ribelle Iaob, in modo da mantenere saldo il reame.  Sul punto di morte, la voce morale di Davide viene temperata da una sensibilità politica. Anche sul punto di morte, l’ossessione di Davide col potere non cambia.

La natura politica di Davide nella nostra porzione di Haftarah è posta in diretto contrasto con la natura nobile di Abramo nella nostra porzione di Torah. Tutti noi abbiamo delle scelte. Il nostro lascito è legato ad una preoccupazione di potere proprio come Davide? Oppure come Abramo possiamo concentrarci sulle lezioni morali che ci insegnano come vivere e come morire? 

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha RVayeira - Genesi 18:1–22:24 – 22 Ottobre 2021

Riassunto:

Nella nostra porzione di Torah di questa settimana, Abramo ospita tre estranei, i quali annunciano che presto Sara avrà un figlio. Più avanti, Abramo litiga con Dio per ciò che riguarda la distruzione della città di Sodoma e Gomorra. La casa di Lot viene attaccata dalla gente di Sodoma. Lot e le sue due figlie fuggono mentre Sodoma e Gomorra vengono distrutte. Nonostante venga avvertita di non voltarsi, la moglie di Lot disobbedisce e viene trasformata in una colonna di sale. La storia continua quando dopo che Abramo dice che è sua sorella, Sarah viene prese in moglie dal re di Gerar,  Abimelech. Infine nasce Isacco, il quale viene circonciso e svezzato. Dope essere stati cacciati via, Agar e suo figlio Ismaele vengono salvati da un angelo. In una sezione di questa porzione che leggiamo durante Rosh Hashanah,  Dio mette Abramo alla prova, ordinandogli di sacrificare Isacco sul monte Moriah.

 Insegnamento dalla nostra porzione di Haftarah:

 Nella nostra Haftarah di questa settimana,  leggiamo di una serie di miracoli. Il profeta Elisha, compie due miracoli.  In primis, leggiamo la storia di una povera donna che non ha cibo né per se stessa né per i suoi due figli, e questi ultimi stanno per essere venduti come schiavi. Elisha compie un miracolo quando riempie diversi recipienti vuoti con dell’olio. Più avanti nella Haftarah leggiamo la storia di un giovane bambino che muore di colpo. Abbiamo anche qui un miracolo in cui giunge Elisha e resuscita il giovane.

I miracoli hanno un ruolo importante nei nostri testi e compiano spesso in quelli più antichi. Solitamente, i miracoli vengono compresi come eventi compiuti da Dio che vanno contro le leggi della natura. Il miracolo celeberrimo e che conosciamo tutti è la divisione del Mar Rosso mentre gli ebrei fuggono dalla schiavitù in Egitto. Chiaramente gli autori della bibbia, insieme ai loro contemporanei non avevano problemi nel credere in eventi straordinari.  Vedevano il potere di Dio come qualcosa di illimitato.

Oggigiorno , i miracoli non sono più visti come qualcosa di possibile. Il credere in un Dio il cui potere sia illimitato e che controlla tutto è assai diminuito con la scienza che spiega molto di ciò che succede nel nostro mondo. Difatti molto studiosi danno spiegazioni scientifiche per i miracoli che succedono nella bibbia. Il Mar Rosso si è ritirato per via delle maree. Le 10 piaghe potranno essere stati eventi insoliti; ciò nonostante vanno compresi semplicemente come fenomeni naturali. Dando queste spiegazioni, gli studiosi si perdono il vero messaggio. Non dovremmo concentrarci su cosa è successo, bensì la percezione di questi eventi da parte delle persone dell'epoca.

Non vi è un vero modo di comprendere cosa sia avvenuto quando questi eventi successero. Ciò che leggiamo nei nostri testi è un bollettino da parte degli autori che ri-raccontano ciò che avvenne allora, o ciò che venne raccontato nel corso delle generazioni. Ciò vale anche per noi oggi. I giornalisti raccontano storie in base a ciò che osservano. Detto questo, spesso i loro racconti si basano su informazioni limitate o su pregiudizi e preconcetti.

Il miracolo dell'olio e la risurrezione di un giovane ragazzo nella nostra Haftarah, glorificano le azioni del profeta Elisha e la sua premura per i meno fortunati. Potremmo anche non credere che questi eventi ebbero luogo cosi come sono raccontati, ma lo stupore espresso nel testo parla anche a noi oggi. Proprio come il testo esprime meraviglia all’esistenza del divino nel mondo, cosi anche noi possiamo esprimere meraviglia ad eventi a cui assistiamo noi e che non riusciamo a spiegare. Nel nostro quotidiano, durante Shabbat e durante le feste sacre ringraziamo Dio per “i doni meravigliosi che si manifestano la mattina, la sera e la notte.”

Nella nostra porzione di Torah di questa settimana, alla novantenne Sarah viene detto che avrà un figlio. Un miracolo!  Come reagi’ ?  Si mise a ridere!  Quando assistiamo ad eventi straordinari nelle nostre vite, spero che la nostra prima reazione non sia quella della risata!  Invece dobbiamo riconoscere tramite la preghiera e lo stupore, la bellezza, il mistico ed il sacro a cui assistiamo nella nostra vita di tutti i giorni.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Lech L’cha: Genesis 12:1−17:27 – 15 Ottobre 2021

Riassunto :

In questa storia straconosciuta,  Dio decide di scatenare un diluvio universale che distruggerà il mondo, risparmiando solo la famiglia di Noè e gli animali che quest'ultimo raccoglierà e porterà sull’arca. La vita ricomincia dopo i 40 giorni e le 40 notti del diluvio.

Vengono elencati i comandamenti noachici ,  e Dio famosamente utilizza l'arcobaleno come simbolo del primo patto tra lui e l'umanità. Il popolo comincia a costruire una città e la torre di Babele con l'obiettivo di raggiungere i cieli. Di conseguenza, Dio disperde la gente e dà loro lingue diverse tramite cui comunicare. Infine vengono elencate le dieci generazioni da Noè ad Abramo.

NB :  Ogni porzione di Torah settimanale ha una Haftarah, un’appendice scritta dai profeti. A differenza della Torah, che viene letta nella sua interezza nel corso dell'anno, solo certe sezioni dei profeti vengono lette di settimana in settimana. Queste vengono lette pubblicamente dopo la lettura della porzione di Torah. Spesso il nesso fra la porzione di Torah e la Haftarah è chiaro.  A volte l'unico collegamento è una singola parola condivisa. Ciò nonostante, le  porzioni  di  Haftarah  hanno molto da dirci anche oggi. Il  Professor Michael Fishbane ci insegna che “questa lettura pubblica rifletteva tre fonti autorevoli, la Torah, la fonte ultima della legge, la  Haftarah, le parole dei profeti che davano istruzioni morali e di elevazione ed infine il sermone o l’omelia, che fungeva da fonte per i rabbini per interpretare e legiferare.”

Per poter scoprire nuovi testi, questa settimana  ho deciso di focalizzarmi sulla Haftarah.

Insegnamento della porzione di Haftarah:

La nostra haftarah di questa settimana è tratta dal libro di Isaia 54:1-55:5. Mentre la porzione di Torah si concentra sul diluvio universale in quanto risultato dei peccati commessi dall'umanità, la Haftarah si concentra sui peccati di Israele commessi contro Dio ed il fatto che Israele ha rotto il patto fissato dinanzi al Sinai.  In seguito al patto dell'arcobaleno, Dio inizia un nuovo rapporto con l'umanità, così anche nella nostra Haftarah viene estesa divina pietà nei confronti di Israele, tramite la redenzione dall’esilio. 

Vi è un enorme differenza nel focus della porzione di Torah e della Haftarah.  Noè viene scelto da Dio per salvare l'umanità insieme agli animali perché viene considerato Tzadik – un uomo retto.  Il patto dell’arcobaleno viene stretto perché Dio ha trovato una persona retta. Nella nostra porzione di Torah, il focus è sull’individuo ed il suo senso personale di rettitudine. Il mondo è salvo grazie al carattere morale di un solo uomo. Noè funge da modello per noi in quanto persona pia e dal vivere virtuoso. E’ un vero e proprio uomo religioso. 

Nella nostra Haftarah, Isaia scrive dei  “discepoli dell’Eterno” che fondano la città “tramite la rettitudine”– tz’dakah.”  Isaia si concentra sulla comunità e la sua abilità in quanto collettivo di vivere una vita virtuosa. Mente Noè affronta la sfida individuale del costruire l'arca, per Isaia, le sfide sono lanciate a livello comunale e pubblico.

Nel dodicesimo secolo, mentre stava catalogando ed elencando i 613 comandamenti, Maimonide, basò l'obbligo di fare Tzedakah (la carità)  su un verso presente nella nostra porzione di Haftarah che insegna che siamo solo istituiti come popolo quando facciamo Tzedakah, nuovamente un focus sull’obbligo comunale di essere retti.

La genesi racconta di rapporti individuali e personali con Dio. Quando Isaia scrive il suo testo, nel sesto secolo AC, il rapporto con Dio si è trasformato in un rapporto comunale e pubblico.  Gli obblighi che Noè si assume nella nostra porzione di Torah sono assai personali. Ai tempi di Isaia, il profeta ci sfida ad andare oltre. La pietà individuale non è più abbastanza.  Il patto tra Dio ed il popolo ebraico richiede che insieme come popolo, il nostro obbligo è di creare una società retta per tutti. La nostra porzione di Torah ci insegna che Noè fu uomo retto nella sua generazione. La Haftarah ci sfida ad essere persone rette nella nostra.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Noach – 9 Ottobre 2021

Riassunto :

In questa storia straconosciuta,  Dio decide di scatenare un diluvio universale che distruggerà il mondo, risparmiando solo la famiglia di Noè e gli animali che quest'ultimo raccoglierà e porterà sull’arca. La vita ricomincia dopo i 40 giorni e le 40 notti del diluvio.

Vengono elencati i comandamenti noachici ,  e Dio famosamente utilizza l'arcobaleno come simbolo del primo patto tra lui e l'umanità. Il popolo comincia a costruire una città e la torre di Babele con l'obiettivo di raggiungere i cieli. Di conseguenza, Dio disperde la gente e dà loro lingue diverse tramite cui comunicare. Infine vengono elencate le dieci generazioni da Noè ad Abramo.

NB :  Ogni porzione di Torah settimanale ha una Haftarah, un’appendice scritta dai profeti. A differenza della Torah, che viene letta nella sua interezza nel corso dell'anno, solo certe sezioni dei profeti vengono lette di settimana in settimana. Queste vengono lette pubblicamente dopo la lettura della porzione di Torah. Spesso il nesso fra la porzione di Torah e la Haftarah è chiaro.  A volte l'unico collegamento è una singola parola condivisa. Ciò nonostante, le  porzioni  di  Haftarah  hanno molto da dirci anche oggi. Il  Professor Michael Fishbane ci insegna che “questa lettura pubblica rifletteva tre fonti autorevoli, la Torah, la fonte ultima della legge, la  Haftarah, le parole dei profeti che davano istruzioni morali e di elevazione ed infine il sermone o l’omelia, che fungeva da fonte per i rabbini per interpretare e legiferare.”

Per poter scoprire nuovi testi, questa settimana  ho deciso di focalizzarmi sulla Haftarah.

Insegnamento della porzione di Haftarah:

La nostra haftarah di questa settimana è tratta dal libro di Isaia 54:1-55:5. Mentre la porzione di Torah si concentra sul diluvio universale in quanto risultato dei peccati commessi dall'umanità, la Haftarah si concentra sui peccati di Israele commessi contro Dio ed il fatto che Israele ha rotto il patto fissato dinanzi al Sinai.  In seguito al patto dell'arcobaleno, Dio inizia un nuovo rapporto con l'umanità, così anche nella nostra Haftarah viene estesa divina pietà nei confronti di Israele, tramite la redenzione dall’esilio. 

Vi è un enorme differenza nel focus della porzione di Torah e della Haftarah.  Noè viene scelto da Dio per salvare l'umanità insieme agli animali perché viene considerato Tzadik – un uomo retto.  Il patto dell’arcobaleno viene stretto perché Dio ha trovato una persona retta. Nella nostra porzione di Torah, il focus è sull’individuo ed il suo senso personale di rettitudine. Il mondo è salvo grazie al carattere morale di un solo uomo. Noè funge da modello per noi in quanto persona pia e dal vivere virtuoso. E’ un vero e proprio uomo religioso. 

Nella nostra Haftarah, Isaia scrive dei  “discepoli dell’Eterno” che fondano la città “tramite la rettitudine”– tz’dakah.”  Isaia si concentra sulla comunità e la sua abilità in quanto collettivo di vivere una vita virtuosa. Mente Noè affronta la sfida individuale del costruire l'arca, per Isaia, le sfide sono lanciate a livello comunale e pubblico.

Nel dodicesimo secolo, mentre stava catalogando ed elencando i 613 comandamenti, Maimonide, basò l'obbligo di fare Tzedakah (la carità)  su un verso presente nella nostra porzione di Haftarah che insegna che siamo solo istituiti come popolo quando facciamo Tzedakah, nuovamente un focus sull’obbligo comunale di essere retti.

La genesi racconta di rapporti individuali e personali con Dio. Quando Isaia scrive il suo testo, nel sesto secolo AC, il rapporto con Dio si è trasformato in un rapporto comunale e pubblico.  Gli obblighi che Noè si assume nella nostra porzione di Torah sono assai personali. Ai tempi di Isaia, il profeta ci sfida ad andare oltre. La pietà individuale non è più abbastanza.  Il patto tra Dio ed il popolo ebraico richiede che insieme come popolo, il nostro obbligo è di creare una società retta per tutti. La nostra porzione di Torah ci insegna che Noè fu uomo retto nella sua generazione. La Haftarah ci sfida ad essere persone rette nella nostra.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor

Parasha Bereshit – Genesis 1:1-6:8, 1 Ottobre 2021

Summary:

In our portion this week, God creates the world and everything in it in six days and rests on the seventh. Then, Adam and Eve are placed in the Garden of Eden, where they eat the forbidden fruit and are subsequently exiled.  We read that Adam and Eve have two sons, Cain and Abel. Cain later kills his brother, Abel. Adam and Eve have another child named Seth. The Torah lists the ten generations from Adam to Noah. Because they’ve become evil God regrets having created human beings and decides to destroy everything on earth, but Noah finds favor with God.

Note:  Each Torah portion of the week has a Haftarah, a section from the prophets, attached to it. Unlike the Torah, which is read in its entirety over the year, only selected sections of the prophets are read each week. These portions are read publicly after the Torah portion is read. Often the connection between the Torah portion and the Haftarah is quite clear.  Sometimes the only connection is a single shared word.  However, the Haftarah portion have much to say to us today.  As Professor Michael Fishbane teaches, “this public reading reflected three sources of authority: the Torah, which is the ultimate source of law; the haftarah, which presents the words of the Prophets, who provided moral instruction and uplift; and the sermon or homily, which drew on the authority of the Rabbis to interpret and legislate.” 

In order to expose us to new texts, I’ve chosen to focus on the Haftarah this week. 

Lesson from our Haftarah Portion 

Our Haftarah this week is taken from the book of Isaiah, 42:5-43:11 and shares the theme of creation with our Torah portion.  However, Isaiah adds a new message to the ancient creation story.  He teaches that the same God who created  heaven and earth is also the One who created the people of Israel.  Connecting the story of creation with the covenant between God and the people of Israel teaches us an important and transformative lesson. 

In our Haftarah is an important verse that has been the subject of much commentary over the generations.  In the beginning of the Haftarah, the people of Israel are called to be a “light unto the nations.”  In the early centuries of the Common Era, this was understood to challenge Jews to bring our religion to the pagan nations.  During this period Jews proselytized with the goal of converting non-Jews to Judaism.  Eventually, as the Romans took on Christianity, they forbade Jews from conducting any missionary activities.  Only in modern days, and especially in Reform Judaism, without actively pursuing missionary goals, have we again opened the doors to Judaism and encouraged non-Jews to convert.

Once the phrase “a light unto the nations” no longer referred to converting non-Jews, it began to be reinterpreted and understood in new ways.  Reform Judaism, beginning in the 19th century, elevated the message to one of its central teachings.  We began to understand the phrase to mean that we Jews have been chosen by God to bring the divine light into the world, and to have this light shine upon all the nations.  Reform Judaism based this understanding on earlier rabbinic texts and especially on the challenges that Isaiah sets forth to bring justice and righteousness into the world. 

To be a “light unto the nations” is a challenge to each of us today.  We, the people of Israel, were created to be a light to humanity, a messenger to lead the world to acknowledge the one God, and to act upon God’s challenge to us to bring unity, peace and justice to the world. 

In our Haftarah the universal story of creation becomes a particular story of the Jewish people.  When the people live up to the covenant between them and God, acting for justice and peace, they are promised a future liberation in which their light will radiate to all the nations.  In our Torah portion God says, “let there be light.”  In our Haftarah portion we are commanded to bring that light to the world.  

The Awe of Torah StudyV’zot HaB’racha (Deuteronomy 31:1-34:12)

This week’s Torah portion, V’zot HaB’racha, recounts the final minutes of Moses’ life. Moses has led the people from slavery to freedom and now, in his last moments, he will offer blessings to the assembled Israelite nation. After these blessings, Moses ascends Mount Nebo and the Almighty shows him all of Israel, the land he will not enter. God tells him, “This is the land of which I swore to Abraham, Isaac, and Jacob…” (Deuteronomy 34:4). And Moses takes one last glimpse of the land before dying on the summit of Pisgah. God buries him in an unknown place.

The Torah recounts this episode in a somewhat detached, matter-of-fact way, and this makes Moses’ death even more painful. After 40 years of wandering and shepherding the nation, Moses is replaced by Joshua, who  leads the people into the Promised Land.

A few years ago, my husband, Rabbi Donald Goor, and I drove from Jerusalem to Jordan. After a tour of Amman, we  visited the ancient Roman city of Jerash. Then we went to Madaba and Mount Nebo, recognized as the traditional spot where Moses died. Standing on Mount Nebo, we viewed the landscape  the Torah tells us  Moses beheld -- and it is glorious. It was a warm, clear day, and I could see the sweeping vistas from the heights of Mount Nebo across the plain to the ocean. Beyond  the green, lush  Rift Valley, I could see  the skyscrapers of Tel Aviv glistening  in the distance.  Having the privilege to see and be a part of a modern Israel Moses could hardly have imagined made me weep with awe. 

When we come to the end of this Torah portion, we once again encounter that white space, that liminal place between the Torah portions of which I wrote when we began our journey through Deuteronomy. Before we arrive at this wordless  place, we read the final verses of the Torah: 

Never again did there arise in Israel a prophet like Moses—whom God singled out, face to face, for the various signs and portents that God sent him to display in the land of Egypt, against Pharaoh and all his courtiers and his whole country, and for all the great might and awesome power that Moses displayed before all Israel (Deuteronomy 34: 10-12).

After reading these final verses, we begin our annual reading of the Torah again, with the Book of Genesis, which begins with the story of creation. But before we turn back to the beginning, I encourage you to take a breath and contemplate that final white space. 

We are no longer in the Book of Deuteronomy, and we have not yet returned to the Book of Genesis. This is the place of “perhaps,” a moment of questioning. We, like the ancient Israelites, stand on the boundary between the known past and the unknown future. This small white space is a small place of uncertainty and transition. For me, this moment of ending and beginning is a time of joy mixed with apprehension, celebration intermingled with the ambiguity of what I will discover as we start again. And as much as we try to understand the words, verses, mysteries, lessons, and midrashim of Torah, the sea of knowledge is deep and daunting. I am grateful to my teachers who have always  encouraged me to throw caution aside and dive into the waters of learning. It is wonderful and frightening at the same time to discover what you do not know and relearn what you thought you know. For me, this is the essence of Torah study, the essence of a religious life.

Theologian and philosopher John Caputo refers to this as the “impossibly possible” future in his book, On Religion: 

We look towards some imagined or real horizon, but we will never get there…. 

The religious sense of life has to do with exposing oneself to the radical uncertainty and the open-endedness of life, with what we are calling the absolute future, which is meaning-giving, salt-giving, risk-taking. The absolute future is a risky business, which is why faith, hope, and love have to kick in. Our hearts are restless… astir with the possibility of renewal and rebirth… 

Thank you for joining me in this journey through the final book of the Torah, and may we all walk towards our horizons filled with joy, learning, and a bit of uncertainty, as we all say:

               Chazak chazak v’nitchazek!

               Be strong, be strong and we will be strengthened.

Shabbat Shalom

Cantor Kent

Parashat Naso - Numbers 4:21−7:89 21 Maggio 2021

Riassunto : Viene fatto un censimento dei Gershoniti, Merariti, and Koatiti, di età compresa tra i trenta ed i cinquanta anni e vengono descritti i loro compiti nel tabernacolo. Dio parla con Mosè riguardo il da farsi per ciò che riguarda le persone ritualisticamente impure, i pentiti e i sospettati di adulterio. Viene spiegato cosa comporta un giuramento nazirita. Questo include l’astenersi dal consumare alcool e dal tagliarsi i capelli.  Dio spiega a Mosè come insegnare ad Aronne ed ai suoi figli la benedizione sacerdotale. Infine, Mosè consacra il santuario, e i capi tribù portano offerte. Mosè parla poi con Dio nella tenda del dell'incontro.

Lezione: "Non è colpa mia!”  Tutti lo abbiamo detto. Non è facile prendersi responsabilità quando sbagliamo.

Una delle mie fiabe preferite rafforza quanto sia difficile dire “Scusami”. La storia si chiama “La Parola Più Difficile” Alla ricerca della parola più difficile, un uccello gigante scopre una bambina che si rifiuta di dire “Buona notte” perché non le piace andare a letto. Più avanti l'uccello gigante scorge un bambino che non sa dire la parola “Spaghetti”. E’ troppo difficile. Dopo diversi tentativi, l'uccello riflette e si rende conto che la parola più difficile da dire è “Scusami”!

Questa storia ha valore sia per noi che per i bambini. Eppure, la nostra capacità di chiedere scusa è ciò che ci rende una società giusta.

Nella parashà di questa settimana leggiamo: quando un uomo o una donna commettono un errore verso un altro essere umano, e così facendo non mantengono la fede con l'Eterno, e si rendono conto della propria colpa, confesseranno il male che hanno commesso.

I nostri commentatori riconoscono che questa ingiunzione è molto simile ad una che avevamo incontrato diversi capitoli fa, nel Levitico. Cosa distingue questo enunciato da quello che lo aveva preceduto?

Secondo Rashi, una differenza si può trovare nelle parole “confesseranno il male che hanno commesso” che non compaiono nel Levitico. Rashi indica che secondo la nostra parashà, non possiamo pentirci senza aver confessato di aver sbagliato. Nel suo commento al Talmud, Rashi scrive che una persona non potrà mai pentirsi del tutto senza aver ammesso la propria colpa.

Quindi, quando quando facciamo del male, Rashi e la nostra parashà ci insegnano che giustizia può essere fatta solo quando la parte colpevole ammette la propria colpa pubblicamente. 

Nel nostro mondo vediamo individui, politici ed anche imprese, accusate di aver infranto la legge. Nessuno di questi sembra capace di pronunciare la parola più difficile, “Scusami”.  La confessione, ammettere la propria colpevolezza, chiedere scusa, sono tutti atti sacri. Può darsi che siano cose difficili da fare, ma rendono possibile il vivere con altri in una società.

Alla fine del racconto “La Parola Più Difficile”, l'uccello gigante riflette su eventi recenti e si ricorda quando, accidentalmente, cadde dal cielo e distrusse un orto vicino ad una sinagoga. Decide quindi di tornare alla scena del crimine portando un cesto di frutta e verdura dal suo giardino perché “Era ora di dire la parola più difficile”.

E’ tempo che anche noi, insieme ai politici e alle imprese impariamo a dire la parola più difficile.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor