Parasha Shavua

B’reishit, Genesi 1:1−6:8 (SABATO, 22 OTTOBRE)

Riassunto:

- Dio crea il mondo e tutto ciò che esso contiene in sei giorni e si riposa il settimo giorno.

- Adamo ed Eva vengono messi nel giardino dell’Eden, dove mangiano il frutto proibito e conseguentemente vengono esiliati. 

- Adamo ed Eva hanno due figli, Caino e Abele. Caino uccide suo fratello Abele. 

- Adamo ed Eva hanno un’altra figlia di nome Seth. La Torah elenca le dieci generazioni da Adamo a Noè.

- Dio si pente di aver creato gli esseri umani e decide di distruggere tutto ciò che c’è sulla terra, ma Noè trova favore con Dio.

Lezione di Rabbi Michael Dolgin

Parashat B’reishit è la prima porzione della Torah e rappresenta le fondamenta della tradizione ebraica. Questi capitoli ci insegnano a trovare in essi un significato attuale, senza limitarsi al racconto di ciò che accadde nel passato. Mentre la Torah non è certamente un libro di storia o di scienza, questa parasta è il nostro punto di partenza per capire cosa l’ebraismo ha da dire sulla semplice realtà dell’esperienza umana. La scienza ci spiega come gli umani si siano evoluti, ma non cosa vuol dire o cosa si provi ad essere umani.

Quali sono le domande che animano i nostri pensieri e sfidano le nostre congetture? Qui vi sono due possibilità tratte da questa porzione: Indipendentemente dalla religione che si professa, poche storie sono cosi familiari come quelle di Adamo, Eva e il giardino dell’Eden. I loro dettagli sono cosi coloriti (il frutto proibito, un serpente parlante, maledizioni, il concetto dei vestiti ecc.) che continueranno ad animare l’immaginazione umana migliaia di anni nel futuro. Detto questo, è facile farsi distrarre da certi dettagli accattivanti di queste storie, così da ignorare uno dei suoi messaggi più basici.

Meir Sternberg, professore di letteratura presso la Tel Aviv University, analizza i due alberi che vengono citati nel testo. Nel suo libro, “The Poetics of Biblical Narrative” (Indiana University Press, 1987, pagina 46), descrive il significato de “l’albero della conoscenza del bene e del male” e “l’albero della vita” (Gen 3:22). Questi rappresentano due concetti base della vita umana: la nostra mortalità ed i limiti della nostra conoscenza. Molte prospettive culturali e religioni confermano che il rapporto con la propria mortalità definisce l’esperienza umana. La storia della Torah sulla nascita dell’umanità si focalizza non solo su questo concetto ma anche sui limiti di cosa possiamo sapere. Perché succedono eventi tragici? Come possiamo essere agenti di bene e santità quando non conosciamo appieno le conseguenze delle nostre scelte e delle nostre azioni?

La nostra conoscenza morale è limitata e le molteplici domande a cui vogliamo risposte si trovano nel centro del proverbiale giardino. Non possiamo voltare le spalle alla lacuna tra l’ordine morale che desideriamo nel nostro mondo e la nostra dolorosa realtà. Come il Divino, siamo consci della dimensione morale della vita, ma questo dono ha un prezzo altissimo. 

Lottiamo a cuore aperto con domande a cui non abbiamo risposte chiare, ma lottiamo insieme. Nella nostra missione collettiva, il peso del giusto e dello sbagliato diminuisce. 

Il genere è un altro tema chiave in B’reishit.  Mentre molti credono che la storia della creazione sia incentrata sulla storia di un uomo e una donna; una lettura più attenta del testo rivela maggiori sfumature. In B’reishit Rabba 24:7, Rabbi Akiva sostiene che l’essenza della Torah sia “Ama il tuo vicino come te stesso.” Il suo collega, Rabbi Ben Azzai, sostiene invece che l’essenza della Torah si trovi in Genesi 5:1-2: “Questo è il libro della genealogia di Adamo Quando Dio creò l’uomo lo fece a somiglianza di Dio, li creò maschio e femmina, li benedisse e li chiamò uomini quando furono creati.”

Rimanendo fedeli all’ebraico originale, leggiamo che Adamo è completamente umano, senza essere unicamente maschile o femminile. I pronomi in questi versi sono intenzionalmente inconsistenti, la nostra Torah fonde forme di genere diverso che comprende sia il singolare che il plurale allo stesso tempo, riprendendo Genesi 1:26: “Poi Dio disse : “Facciamo l’uomo [Adamo] a nostra immagine e a nostra somiglianza…” La pluralità di questa dichiarazione solitamente riflette un senso di maestà o un consulto con angeli divini, ma preferisco un’interpretazione più diretta : Solo Dio è uno. L’unità divina si riflette in diverse pluralità umane –genere, razza, cultura, abilità ecc.- L’immagine umana è nostra; appartiene a tutti, e proprio per la nostra creazione divina, abbiamo il diritto di autodefinirci. La prima persona in ebraico non conosce genere, che ci permette di trovare ed affermare un'unica identità, un’espressione singolare e personale dell’immagine divina e la sua somiglianza. 

Siamo tutti figli di Dio. Indipendentemente da come ci identifichiamo o le domande morali che occupano i nostri pensieri, ognuno di noi esprime l’immagine di Dio attraverso il potente atto dell'autodefinizione.

(Permesso accordato - https://reformjudaism.org/learning/torah-study/torah-commentary/  Questo testo è stato tradotto dall’inglese all’italiano. L’autore non è responsabile per la traduzione.)