4 Marzo:  T'tzaveh – Parasha Esodo 27:20−30:10

Blog della URJ di questa settimana: D'VAR TORAH BY: RABBI SARAH BASSIN

Conosciamo tutti i pericoli del trasformare le persone in simboli. Ognuno di noi ha una sua storia di un eroe che ci ha deluso: quando leggiamo del nostro atleta preferito che si è dopato per ottenere la vittoria, o scopriamo di avere riso a delle battute di un comico stupratore o di un politico che ha fatto finta di essere monogamo. Oggigiorno questi esempi non ci sconvolgono più.

Ha un peso emotivo vedere la caduta dei nostri beniamini e con esse le nostre aspettative. Mettiamo in questione noi stessi. Forse siamo colpevoli noi nell’addossare degli standard morali ai nostri personaggi pubblici. Dopo tutto, questi personaggi diventano icone non per la loro leadership morale ma più per la loro capacità di fare gol, di farci ridere o di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. Vale la pena mettere queste persone sul piedistallo quando sappiamo che verremo delusi?

La nostra porzione di Torah dice di si.

In Parashat T’tzaveh, agli artigiani che costruiscono il tabernacolo e la menorah vengono date istruzioni su come creare il vestiario per i sacerdoti. Questo compito aggiuntivo attira l’occhio del commentatore Sforno. “Non solo devono costruire il tabernacolo, provvedere all’olio per la Menorah, ma devono anche creare i vestiti che indosserà Aronne” (Sforno su Esodo 28:3). Vi è qualcosa di significativo per Sforno nel fatto che gli architetti di un luogo sacro debbano anche creare degli abiti sacri. Quando gli artigiani creano il vestiario sacerdotale diminuisce la distinzione tra sacerdote e l’istituzione che essi servono.

Come per la costruzione del tabernacolo, i doni del popolo rappresentano la materia prima per il vestiario e gli accessori sacerdotali. Il nostro luogo di culto ha l’investimento del popolo; così anche il vestiario sacerdotale.

Il simbolismo è chiaro. Noi, il popolo, stiamo investendo il nostro tempo, i nostri soldi e la nostra speranza nei sacerdoti. Non deludeteci.

Utilizziamo il vestiario sacerdotale come modo per esprimere ciò che ci aspettiamo da loro. Nel suo libro, The Particulars of Rapture, Aviva Zornberg cattura ciò che si nasconde sotto la superficie del testo:

“Il vestiario investe i sommi sacerdoti sia di ansia che di gloria. Sostanzialmente, non è solo il vestiario che deve essere "Sacro a Dio," ma anche chi lo indossa. Se la dissonanza tra vestiario e chi li indossa è palpabile… i suoi valori si perdono.” (The Particulars of Rapture: Reflections on Exodus [NY: Doubleday, 2001], p. 369)

Va ripetuto. Se la dissonanza tra il vestiario e chi lo indossa è palpabile i valori del vestiario si perdono.” Se una persona fallisce nell’essere all’altezza della propria posizione, finisce per essere a repentaglio il potere che quella posizione rappresenta”.

In senso letterale vediamo che questi valori si perdono quando, nel decimo capitolo di Levitico, i figli di Aronne Leviticus Nadab e Abihu, che indossano abiti sacerdotali, fanno un’offerta (presumibilmente ubriachi). A causa delle loro azioni, Nadab e Abihu non muoiono semplicemente, i loro corpi vengono letteralmente consumati. Il testo sta praticamente dicendo che, quando la gente non soddisfa le aspettative della posizione che ricopre, la posizione occupata non va eliminata. “Che il vestiario rimanga intatto”.

In seguito ad uno scandalo, una delusione, o un tradimento, ci troviamo alla ricerca di qualcuno che prenda il posto di chi ci ha delusi. Il nostro dolore ed il nostro trauma può portarci a liberarci da quelle aspettative a prescindere.

Se sappiamo che politici, atleti e attori fanno cose reprensibili mentre indossano il vestiario della posizione che ricoprono, rimaniamo tentati dal non avere grandi aspettative. Forse non dovremmo impegnarci così tanto nel creare vestiti sacerdotali a prescindere. “Che facciano il loro lavoro” potremmo dire. “Non ho bisogno di sapere che tipo di persone siano aldilà del loro lavoro.”

E qui che troviamo il vero pericolo. Quando ci aspettiamo meno dai nostri leader, iniziamo ad aspettarci meno da noi stessi. Il ritmo dettato dai piani alti detta quello della cultura in generale. I nostri standard morali iniziano a scendere quando razionalizziamo la ricalibrazione della nostra bussola morale. Poiché ciò che tolleriamo dei nostri eroi tolleriamo in noi stessi.

Quando assistiamo ad atti criminali in pubblico, non possiamo ignorarli. Non possiamo adattarci ad un nuovo standard di vita. Dobbiamo tenerci strette le nostre aspettative, i nostri sacerdoti, i nostri politici, i nostri intrattenitori, i nostri atleti, i nostri rabbini.

Perché, alla fine, quelle aspettative non sono di chi ha il potere. Sono di noi stessi. Quando ci aspettiamo qualcosa di elevato dai nostri leader, è probabile che sia così anche per noi.