18 Marzo: Parasha Vayak'heil - Esodo 35:1–38:20

Blog della URJ di questa settimana: D'VAR TORAH BY: BETH KALISCH

"Spero che siate pronti per gli uccelli!" urlò la nostra guida.

Eravamo appena arrivati in Tanzania per un safari e all’improvviso ero preoccupata di essere stata assegnata alla jeep sbagliata. "Oh, noi non siamo birdwatchers," spiegai. "Siamo qui per il safari classico—leoni, leopardi, rinoceronti- quel tipo di cosa." Stavo aspettando questa occasione per poter vedere alcuni degli animali più rari ed esotici sul pianeta. Ad esempio i leopardi sono famosi per essere difficilissimi da vedere, ed il rinoceronte nero è talmente raro che pare ce ne siano solo 5000 rimasti sull’intero pianeta.

"Ma ci piacciono anche gli uccelli,” disse mio marito alla guida. "Non vediamo l’ora di vederli.” La guida rispose: “Molte persone mi dicono, ‘Nicholas, siamo venuti fin qui per vedere i rinoceronti ed i leopardi! Non farci perdere tempo con tutti questi uccelli!”

Il giorno seguente capii perché certe persone volevano vedere queste creature alate quando Nicholas ci mostrò forse uno degli uccelli più belli che abbia mai visto. Le piume sulla schiena avevano il colore del piumaggio di un pavone, un insieme di blu, verde acqua e blu marino. Era piccolino- grande quanto un uccello canoro, con un petto come un pettirosso, un rosso-arancione vivace, occhi bianchi luminosi ed una testa nera. "E’ bellissimo," dissi. "Un superbo storno!" rispose Nicholas.

"Un uccello molto comune!” disse Nicholas. "Ne vederemo tanti!” 

E cosi fu infatti. Oltre ad alcuni bellissimi leopardi, un rinoceronte spettacolare ed altri animali fantastici, vedemmo diversi storni stupendi.  

Cose belle, colorate e rare sono il soggetto della porzione di questa settimana, Parashat Vayak'heil, che continua la lunga descrizione della costruzione del tabernacolo. Agli israeliti viene chiesto di portare i loro oggetti più preziosi: metalli preziosi, tessuti colorati, oli e spezie, gemme di ogni tipo, ed anche pelli di delfino (Exodus 35:5-9). Con tutti questi materiali, i fabbri della comunità crearono uno degli spazi fisici più preziosi : un luogo per far vivere Dio in mezzo al popolo.

Nelle porzioni precedenti, Dio diede tutte le istruzioni del caso a Mosè. Questa settimana, Mosè inizia a condividere queste istruzioni con gli israeliti. Quasi tutta la porzione di questa settimana è dedicata a queste istruzioni. Infatti, l’unica parte che non parla del tabernacolo ha luogo nei primi tre versi, quando Mosè ricorda agli israeliti le rigorose leggi dello Shabbat:

“Per sei giorni si lavorerà, ma il settimo sarà per voi un giorno santo, un giorno di riposo assoluto, sacro al Signore. Chiunque in quel giorno farà qualche lavoro sarà messo a morte. Non accenderete il fuoco in giorno di sabato, in nessuna delle vostre dimore”. (Esodo 35:2-3). 

Questa introduzione breve e apparentemente non correlata con il resto di questa porzione ha dato il là a diversi commenti per ciò che riguarda il rapporto fra Shabbat ed il tabernacolo. L’interpretazione più famosa si focalizza sul tema del lavoro, proponendo che la giustapposizione del divieto di lavorare durante Shabbat e la descrizione del lavoro fatto per costruire il tabernacolo indica un nesso: i tipi di lavoro descritti nel resto della porzione sono esattamente i tipi di lavoro vietati durante Shabbat.

Ma un’altra linea interpretativa di questa strana contrapposizione si focalizza sul tema condiviso della santità. Sia la costruzione del tabernacolo che il fatto di riposare durante Shabbat sono considerate attività sacre. Il motivo per cui Mosè menziona entrambi, concludono alcuni rabbini, è per enfatizzare l’importanza di Shabbat. Anche quando si tratta di lavoro sacro come quello fatto per costruire il tabernacolo, il lavoro non è permesso durante Shabbat.

Potremmo aspettarci l’opposto. Shabbat va benissimo, ma per gli israeliti a cui viene chiesto da Dio di costruire questo capolavoro, fatto di cose rare e preziose, è l’unica opportunità per costruire un luogo in cui Dio possa soggiornare. Verrebbe da pensare che una responsabilità di questo tipo possa avere precedenza su Shabbat. Invece no, Mosè dice al popolo: anche quando siete impiegati in una delle forme più rare di santità, questo edificio unico nella storia ebraica, una responsabilità comune che occupa un posizione significativa in Esodo, anche allora questa apparentemente banale santità di Shabbat regna sovrana.

Anche per quelli di noi che osservano Shabbat credo sia difficile sposare il concetto pienamente. Per la vostra famiglia potrebbe essere importante cenare durante Shabbat, tutti insieme ogni settimana, ma a volte possono succedere delle cose che paiono più urgenti. Prendersi del tempo per studiare la Torah o fare una passeggiata può sembrarvi il modo migliore per festeggiare Shabbat, ma a volte la vita si mette di mezzo. Anche oltre Shabbat, la nostra tradizione enfatizza l’importanza di occasioni speciali, i sacrifici che dovremmo fare durante questi periodi, e l’ammontare di denaro che dovremmo dedicarvi.

Certamente l’ebraismo ci insegna di dare valore alle occasioni speciali, e di darci appieno a questi momenti sacri. Ma, allo stesso tempo, la tradizione ebraica va contro il nostro impulso di disgregare i sacri ritmi dettati dalla vita in base a ciò che pare importante in quel momento. Il dare priorità a ciò che pare la santità regolare e comune che Shabbat rappresenta ha radici profonde nell’ebraismo. Tadir v'she'eino tadir, tadir kodem, dice il Talmud. "Quando bisogna scegliere tra ciò che è frequente e ciò che non lo è, ha precedenza la cosa frequente.” Una vita di santità non è fatta di momenti clou e speciali, ma dalla realtà in cui viviamo tutti i giorni.

E’ una cosa assurda e bella: la nostra è una religione dove il giorno più sacro ha luogo ogni settimana.

Se stiamo cercando solo leopardi, ci stiamo perdendo degli uccelli bellissimi. Questi momenti ordinari di santità, se siamo disposti a dare loro spazio, possono toglierci il fiato. Ovunque andiamo, ci assicurano che vi è sempre qualcosa di bello.