25 Feb :  Parasha T'rumah - Esodo 25:1−27:19  

Blog della URJ di questa settimana: D'VAR TORAH BY: RABBI SARAH BASSIN

Come ogni buon progetto architettonico, la porzione di Torah di questa settimana offre istruzioni precise. Parashat T’rumah espone un manuale sul come costruire il nostro luogo di culto nel deserto (Mishkan)  assieme a tutti gli strumenti in esso contenuto. Abbiamo misure precise, materiali e metodi di costruzione. Le istruzioni erano create per essere infallibili ed erano impossibili da interpretare male. Ma pare via sia una differenza tra il concetto originale ed il prodotto finito, almeno per ciò che riguardo un elemento molto importante : la menorah.

Più della stella di Davide, la menorah è il simbolo che è sempre stato sinonimo del popolo ebraico. E’ l’immagine centrale nel sigillo ufficiale dello stato d’Israele.

La porzione di Torah illustra le specifiche su come costruirla: quante braccia, di quali materiali dovrebbe essere composta, dove vanno messe le braccia e come dovrebbero essere decorate. E’ difficile immaginare con questo livello di dettaglio che la planimetria possa essere interpretata in un modo diverso dall’immagine che abbiamo oggi. Infatti, il sigillo moderno d’Israele è molto simile ad una delle rappresentazioni più antiche della menorah presente nell’arca di Tito a Roma. Quell’arca fu commissionata solo 12 anni dopo la distruzione del tempio, in modo che Roma potesse celebrare la conquista di Gerusalemme. E’ facile immaginare che forse la riproduzione artistica fu ispirata dall’aver visionato quella originale.

Poi 1100 anni dopo, Maimonide offrì una versione di come pensava fosse fatta la menorah secondo lui. In questo caso, le braccia sono diagonali dritte anziché curve come quelle dell’arca di Tito. Maimonide interpretò la menorah in maniera ben diversa da quella dell’arca di Tito. Inoltre, commentando Esodo 25:32, Rashi sembra essere d’accordo con Maimonide che le braccia siano diagonali dritte.

Va detto che sia Rashi che Maimonide sono considerati due giganti della tradizione ebraica medievale. Di certo non erano pigri o negligenti nella loro lettura del testo. Ma dopo un millennio dalla scomparsa del tempio, senza relazioni di prima mano su cui basarsi, questi giganti rabbinici dipendevano dalle istruzioni della porzione di Torah.

Probabilmente Maimonide e Rashi si sbagliarono. E non fu colpa loro. Nessuna parte della loro interpretazione sulle braccia diagonali contraddice il testo nella nostra porzione di Torah. L’ambiguità resta all’interno delle istruzioni originali. Nonostante i nostri antenati fossero sicuri di essere stati chiari con le loro istruzioni per le generazioni future, avevano un’idea in testa che non furono capaci di comunicare.

A volte ci troviamo in situazioni di comunicazioni incomplete che non sono così diverse. Ad esempio, una volta io supervisionai una prova dove i partecipanti dovevano sedersi schiena contro schiena a coppie; ogni coppia riceveva due buste uguali contenenti forme di carta. Un membro della coppia doveva creare un qualcosa con queste forme, poi l’altro membro della coppia, basandosi solo sulle istruzioni date dal suo partner, doveva replicare lo stesso progetto.

Inevitabilmente, quando vennero rivelati i risultati, coloro che avevano dato le istruzioni rimasero scioccati nel vedere versioni mutilate del loro progetto originale. Rimasero scioccati dal fallimento dei loro partner nella loro incapacità di ascoltare. Presto si resero conto che la colpa era in realtà loro per aver tralasciato alcuni dettagli chiave.

Questo esercizio ci insegna una lezione importante sulla sconnessione tra ciò che pensiamo di comunicare e cosa stiamo in realtà dicendo. Il fatto che i nostri antenati ebbero lo stesso problema nella creazione del nostro testo più sacro ci dà un po' di conforto. Se la costruzione del Mishkan ebbe un significato centrale per i nostri antenati, che non furono capaci di comunicare ciò alle generazioni future, pensate quante volte le nostre imprecisioni nel comunicare impattano il nostro lavoro e le nostre relazioni.

La lezione di base è prestare maggiore attenzione alla nostra comunicazione—cercare di essere più precisi. Tutti noi possiamo migliorare nel come comunichiamo con le nostre famiglie, i nostri amici e i nostri colleghi. Ma vi è una lezione ancora più importante, perché questi tipi di cattiva comunicazione sono inevitabili talvolta. La vera lezione si trova in come gestiamo i momenti di cattiva comunicazione. Siamo spesso certi di essere stati chiari. Rimaniamo scioccati quando qualcuno interpreta ciò che diciamo fuori contesto, male interpreta o non capisce. Potremmo trovarci pronti a dare la colpa a qualcun altro per non aver ascoltato attentamente.

Ma sapendo quanto sia difficile evitare una cattiva comunicazione, forse faremmo meglio a frenare il nostro giudizio quando ciò accade. E se non presupponessimo che sarebbe colpa dell’altra persona se qualcosa andasse storto? E se ci ponessimo il problema di comunicare meglio?  Ci sono momenti quando siamo dal lato proponente e altri in cui siamo ricevitori di una cattiva comunicazione. Indipendentemente da ciò, l’esperienza dei nostri antenati con la menorah ci invita a comprendere i limiti della nostra comunicazione. Forse questa storia sulla cattiva interpretazione della menorah può fungere da invito per maggiore umiltà nelle nostre conversazioni e nella nostra comunicazione.