Parasha – 4 Febbraio:  B'shalach - Esodo 13:17−17:16

Blog della URJ di questa settimana: D'VAR TORAH BY: RABBI SARAH BASSIN

Se noi ebrei credessimo all’inferno, Amalek avrebbe lì un posto speciale.

Dato che non ci crediamo, ci assicuriamo che ogni generazione cancelli il nome di Amalek.  Questo è un livello di sdegno che riserviamo solo per il peggio del peggio. Amalek si trova in cima alla lista dei nostri nemici. Ma chi era Amalek e perchè è oggetto della nostra ira?

Leggiamo di Amalek in Parashat B’shalach. Dato che fu il primo ad attaccare gli israeliti una volta liberi dall’Egitto e già vaganti nel deserto, Amalek ottenne un certo livello di notorietà. Ma essere il primo di una lunga serie non lo rende particolarmente degno di nota. In M’chilta D’Rabbi Yishmael, Rabbi Eliezer di Modi’ propone che il nostro disgusto ha le sue origini nelle tattiche utilizzate in battaglia da Amalek. “si intrufolò” sotto i bordi di una nuvola, strappando le anime di Israele e uccidendole”, “Quando eri stanco e affaticato, [l’esercito di Amalek] ti si sarebbe parato davanti, attaccando tutti coloro che erano rimasti indietro; senza timore di Dio” (M’chilta D’Rabbi Yishmael, Amalek, on Exodus 17:8).

Il nostro disprezzo per Amalek è profondo poiché se la prendeva con i deboli. L’indignazione morale verso coloro che sfruttano i più vulnerabili è applicabile anche alla società odierna. Abbiamo un particolare disprezzo per coloro che abusano di bambini, anziani e popoli vulnerabili come i profughi.

Eppure, anche se ci viene detto di disprezzare Amalek, ci viene detto di non eccedere nella nostra indignazione morale. Quando combattiamo contro Amalek, lo facciamo con un vantaggio morale che lui non possiede.

Quando Giosuè conduce il nostro popolo nella lotta contro Amalek, egli ha il beneficio di un intervento divino. Finché Mosè tiene in alto le braccia, la vittoria è garantita a Giosuè.

“ Giosuè indebolì Amalek e il suo popolo passandoli poi a fil di spada.” (Exodus 17:13). Data la situazione favorevole, è curioso quanto le azioni di Giosuè siano mitigate. Ci aspettiamo un totale annichilimento, e la parola “indebolì’” (chalash) sembra quasi leggera per una lotta contro uno dei nostri nemici più odiati.

Se quest’uomo è il peggio del peggio, perché non viene completamente distrutto da Giosuè? Rashi ci spiega cosa vuol dire l’indebolimento dell’esercito di Amalek : “Giosuè tagliò le teste agli uomini forti e lasciò in vita solo i deboli” Giosuè non li uccise tutti, risparmiò gli uomini deboli, così facendo Amalek venne indebolito e reso impotente dall’arrecare altri danni.

Giosuè fa l’opposto di Amalek. Non va contro i deboli. Si concentra su coloro che rappresentano una minaccia. Mutila l’esercito solo quanto basta per assicurare la vittoria agli israeliti.

Ciò che è affascinante è che Rashi attribuisce questa timida reazione direttamente a Dio. “Da questo possiamo apprendere è che agirono secondo il volere di Dio”

Se Dio non fosse intervenuto, Giosuè e gli israeliti avrebbero ucciso tutti indistintamente. Gli israeliti sarebbero stati responsabili per la morte di bambini, anziani e di altri innocenti.

Avevamo bisogno dell’aiuto di Dio per vincere. Inoltre avevamo bisogno dell’aiuto di Dio per evitare di diventare ciò che disprezzavamo nella nostra lotta per la vittoria.

Quando ci troviamo in un conflitto, quanto è facile ignorare tutto il resto tranne il fatto di vincere? Quante volte abbiamo detto o fatto cose di cui ci siamo pentiti perché eravamo concentrati sul non perdere? Quelle azioni potrebbero essere il frutto di una certezza morale, la certezza di avere ragione. Ma vi è un lato oscuro nella certezza morale. Se non controllata, ci può accecare sul lato umano dei nostri avversari. Possiamo finire per perdere la nostra moralità nella nostra lotta al mantenerla.

E’ per questa ragione che Dio rimprovera gli angeli quando questi gioiscono dell’annegamento degli egiziani (Babylonian Talmud, M’gillah 10b). E’ per questa ragione che minimizziamo la nostra gioia nel rimuovere una goccia di vino dal nostro bicchiere durante il seder di Pesach, ciò enfatizza la sofferenza degli egiziani.

 Dio ci ricorda che il nostro obiettivo non dovrebbe mai essere la sconfitta di un altro. Se la sconfitta di qualcuno risulta nella nostra sopravvivenza, cosi sia. Ma la vittoria come unico obiettivo è fuorviante.

Come vinciamo è altrettanto importante quanto vincere o meno. Non dovremmo perdere di vista l’umanità del nostro nemico, poiché cosi facendo rischiamo di perdere la nostra.