Il terzo libro della Torà - B’midbar, in ebraico (trad. “nella natura selvaggia” o “nel deserto”) – ha il titolo “Numeri” perché inizia con un censimento della nazione Israelita. La parashat di questa settimana consiste in 4 capitoli in cui si parla prettamente di numeri. Una narrativa abbastanza asciutta, ad essere sinceri.
Non sono mai stato bravo in matematica. Trovavo l’algebra confusionale, la geometria non aveva senso e cercavo di evitare il calcolo a tutti i costi. A volte faccio la battuta che decisi di diventare rabbino perché non vi era altra matematica tranne “Ascolta Israele, il nostro Signore, Iddio è Uno”.
Ma il contare- rispetto alla matematica- é sempre stato qualcosa che ho da sempre creduto meritasse attenzione, come con la nostra tradizione.
Il Salmo 90, recitato su una tomba, implora Dio: “Insegnaci a contare i nostri giorni, in modo da poter riempire i nostri cuori di saggezza.” In altre parole, fai sì che la coscienza che i nostri giorni non sono illimitati - ma contati- ci ispiri a fare qualcosa di importante con il tempo che abbiamo a disposizione.
Spesso parliamo del tempo come fosse un bene. Concediamo tempo. Perdiamo tempo. Parliamo di investire del tempo. Ma l’ebraismo ci consiglia più volte di considerare sacro il nostro tempo, come qualcosa di prezioso e come un’opportunità per elevare le nostre vite a qualcosa di migliore e di buono. Il concetto di vivere in pieno ogni momento è un altro tentativo di fare sì che ogni minuto conti.
E vi dirò di più su questo discorso del contare. C’é una storia di uno shtetl dell’Europa orientale, cosi piccolo da poter ospitare solo dieci uomini ebrei. Questi erano individui dediti alla loro fede, e ogni Shabbat si trovavano per formare il minyan – il quorum necessario per festeggiare lo Shabbat. Un giorno una nuova famiglia ebraica giunse in città, il che fu causa di grande gioia. Ma appena si aggiunse un undicesimo uomo, la sinagoga non riuscì mai più a formare un minyan.
Se crediamo di essere indispensabili, faremo di tutto per essere presenti. La verità é proprio che, quando si parla di una congregazione, una comunità o un mondo, siamo tutti indispensabili.
La nostra tradizione ci ricorda che “Il mondo é stato creato, per il mio bene.” Di conseguenza le mie azioni determinano il valore di questo atto di creazione. Fate finta se volete, ma ogni cosa che io faccio é in qualche modo indispensabile ed essenziale. C’è un contributo che solo io posso dare e senza questo, collettivamente la creazione non è sostenibile.
Ma torniamo al censimento Israelita. Pensatela cosi. Tendiamo a contare solo le cose che per noi sono importanti o preziose. Se siete abbastanza fortunati da possedere dell’argenteria, potete contare le forchette e i cucchiai dopo ogni utilizzo per assicurarvi di non aver perso nulla. Il loro valore è troppo grande. Rashi sulla parashat di questa settimana: consapevole del loro amore, Dio li conta tutti, uno per uno, ogni ora.
I dati del censimento tratto dal Libro dei Numeri implica qualcosa di essenziale e di grande importanza. Negli occhi di Dio e del mondo tutti noi contiamo. Ciò significa che tutti noi siamo preziosi e indispensabili al miglioramento dell’umanità. Io lo so. Dio lo sa. E ora, nel caso non lo sapeste già o avevate semplicemente bisogno di farvelo ricordare, anche voi lo sapete.
Shabbat Shalom
Rabbi Whiman